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SETTEMBRE
Ed ecco che è arrivato il giorno giusto per scrivere questo post. Oggi che il cielo si è annuvolato ed è rimasta un po' d'afa sopra le case, sopra al panorama della campagna che vedo dalla mia finestra. Si, oggi, decisamente, è il giorno giusto perché è tornato a farmi visita il nodo alla gola e la mia ansia si è fatta tangibile.
Non c'è storia. Settembre a me fa venire una gran malinconia. Sarà perché segna la fine dell'estate (che poi non è che l'estate sia la mia stagione preferita), sarà questa cosa che alle 8 di sera ormai è buio e alle 7 del mattino mi sveglio sempre che ho freddo e vado al lavoro con una felpa. Il problema principale di settembre, però, sono i ricordi. Che uno dovrebbe avere ricordi in ogni stagione, ma quelli più nostalgici, per quanto non lo si voglia ammettere, sono legati a settembre. Se penso a questo mese, la prima cosa che mi viene in mente è l'inizio della scuola. E' assurdo come, dopo anni, io non abbia ancora preso atto che quello è un periodo della mia vita che si è concluso. Eppure non ricordo i settembre degli ultimi sette anni. C'è quest'aria che mi fa pensare solo agli ultimi giorni di libertà. A quando mia mamma, da piccole, cominciava a mandare me e mia sorella a letto prima per abituarci a svegliarci presto la mattina in vista delle lezioni. Mi ricordo le sere dopo cena, quando andavo nel capanno di mio padre e rimanevo li a guardarlo mentre piallava, segava, carteggiava, torniva il legno. Ad ammirare con stupore il magico processo tramite il quale un semplice pezzo di legno grezzo diventava una sinuosa gamba di un tavolo o un pomello piccolissimo e armonioso dell'anta di un armadio. Restavo li, a giocare con i trucioli, sedute sulle macchine da lavoro spente e mi inventavo storie. Facevo finta che fossero delle navi, dei traghetti e giravo il volante fingendo di partire lontano. Poi tornavo in casa, piena di polvere e con addosso il profumo del legno appena tagliato. Essere la figlia di un tornitore, a livello di ricordi, ha i suoi vantaggi! E mia madre, inevitabilmente, si arrabbiava perché ero da lavare di nuovo prima di mettermi sotto le coperte e chiudere le finestre.
Settembre mi ricorda il sole al tramonto che vedevo dal bagno della casa in cui abitavo da piccola. Che non era lo stesso sole che tramontava ad agosto, ma era un po' pallido, stanco, triste. E sentire, il mattino presto, gli spari dei cacciatori nei campi che mi facevano sempre piangere. Non perché mi spaventassero, ma perché sapevo che stavano morendo, in quel momento, un sacco di creature innocenti.
Settembre mi ricorda gli ultimi giorni di fatica per finire il libro delle vacanze, che aveva quell'odore che saprei descrivere solo se lo risentissi di nuovo. E stare al fresco sul terrazzo, chiedendo, di tanto in tanto, aiuto a mia madre. E l'odore del soffritto di mezzogiorno che stava preparando, le cicale che cantavano per gli ultimi giorni, e il sapore delle ultime pesche, dei primi fichi, delle prime more. E Matteo che veniva a giocare con me alle 2 del pomeriggio, le corse nei campi sapendo che sarebbero state le ultime.
Settembre mi ricorda i diari della Smemoranda che compravo già a luglio. Due mesi prima della scuola, cominciavo a scriverci sopra, con penne colorate e luccicanti, poesie e testi di canzoni, i compleanni dei miei amici e, negli angolini, frasi patetiche tipo “Mirko ti amo, sei tutta la mia vita” senza neanche avere un'idea di cosa fosse l'amore e nemmeno la vita.
Settembre mi ricorda il mio viaggio in Galles. La frenesia per la partenza, i preparativi, la mia esigenza estrema di andare via da quello che stavo vivendo, la cena fatta prima di partire con i compagni di scuola sotto il portico di Elisa. E una canzone degli U2 che mi avevano dedicato, e Yellow dei Coldplay e Friends in lingua originale. E Leanne, la mia “mamma” gallese, i discorsi con lei, le serate sulla sua moquette a mangiare schifezze e a guardare Ally Mcbeal.
Settembre per me è l'inizio del letargo. Di giorni passati china in biblioteca perché avevo una gran voglia di mettermi sui libri e di prendere dei bei voti...anche se la spiga durava poco, eh. Della sveglia che suonava alle 6 della mattina, delle camminate, con la mia sigaretta in bocca, per andare a prendere l'autobus, delle cuffie del walkman prima, del lettore cd poi, perennemente nelle orecchie nell'ora di tragitto che mi portava a scuola. E del giubbotto di jeans che mi toglievo quando tornavo a casa, perché all'una faceva ancora caldo.
Settembre mi ricorda i venerdì sera in cui mia nonna veniva a casa nostra per farsi fare i bigodini da mia madre. L'odore della lacca, il vociare sommesso misto al rumore che faceva la tele che proveniva dalla sala. “ A letto presto, bimbe. Che domani vi dovete alzare”. E la coperta pesante sul letto, il pigiama a maniche lunghe, l'odore di naftalina, mia sorella che cadeva in preda al sonno profondo e io che non riuscivo a dormire e guardavo il soffitto nella penombra che faceva lo spiraglio di luce dalla porta socchiusa.
Settembre è la voglia di tornare indietro. Solo per dare una sbirciatina al passato, la consapevolezza che certi attimi non torneranno più. E che quelli che ho vissuto da allora in poi non hanno lo stesso odore.