giovedì 30 aprile 2009


La tua voce


recita sommesse poesie.


Parole in dialetto,


quella lingua che ti appartiene.


E le reciti piano.


Sussurrate.


Come l'ultimo rosario


delle sere di maggio,


in quell'ora in cui ancora è giorno


ma il sole già sta calando


......


E si intravede la notte.


Foto dal web

lunedì 27 aprile 2009


Cala la luce tagliente


incidendo la dura carne.


Estrapola il dolore,


dalla radice,


cincendolo tra le braccia,


cullandolo come pura creatura.


E tra i raggi infuocati,


tra i bagliori accecanti,


lo porta con sè.



Immagine dal web

domenica 19 aprile 2009

 


Sfreccia


sui tetti dai glicini pendenti


la rondine rinata.


Lascia scie impercettibili


larghi cerchi invisibili


di ali fragili.


Garrisce


avvicinandosi cauta,


un innocente insetto nel becco,


al nido pigolante e affamato.


Silenzio.


Tace la sera scendendo.


Lei si ritira


esausta e affannata.


L'ala stanca


a coprire piccoli rondinini assonnati.


E dorme


Foto dal web

DI UN WEEK END IN STILE SINGLE


Una volta, qualche mese fa, quando eravamo ancora all'inizio della nostra storia, gli scrissi "mi manchi talmente tanto che non riesco a respirare". E magari allora la questione era un po' diversa, però che non riuscivo a respirare era vero sul serio. Questo, forse, è il primo fine settimana, da quella volta lì, che non sono con lui e provo la stessa sensazione di mancanza d'aria. Che io alla mia libertà ci tengo, che io sono nata e cresciuta con un senso d'indipendenza abbastanza forte, che non ho paura della solitudine, che da sola ci sto anche bene, che ho bisgono, delle volte, dei miei spazi, delle mie serate passate a pensare solo a me stessa. E infatti non credo sia un fatto di dipendenza, credo sia un fatto di autonomia...io dopo un tot di giorni o ore senza di lui non riesco a stare. Che magari, a voi lettori, la cosa potrebbe sembrare pateticamente romantica...a me, invece, spaventa. Perchè è come se mi rendessi conto di non potercela fare. Non di non potercela fare da sola, ma di non potercela fare senza lui. A far cosa, direte voi? A respirare, appunto. Io che ho sempre respirato lo stesso, stasera, che non è più sera, ma è notte fonda, ho gli occhi che non vogliono chiudersi e il cervello che non si vuole spegnere. E non mi sono ancora messa il pigiama, ho provato a tenere la testa impegnata, a trovare le cose da fare, quelle cose che maledico sempre di avere troppo poco tempo per poterle fare. E le ho fatte, ma non è servito a niente. Non riesco a smettere di pensare che se lui fosse qui, come ogni sabato sera, magari adesso saremmo a letto, magari dopo aver fatto l'amore, starei con la testa sotto il suo mento, girata su un fianco, con la gamba destra a placcarlo...stile kola idiota. E magari staremmo lì, un po' intontiti dal sonno, con gli occhi socchiusi e le voci basse, a parlare di chissà cosa, con frasi sconnesse, un po' impastate dalla stanchezza. E invece, stasera, che è notte inoltrata, andrò a letto, accenderò la tv senza volume, leggerò, forse, farò le parole crociate, e aspetterò di riuscire a dormire. Mi metterò sempre su un fianco e semplicemente appoggerò la testa sul cuscino. E questo mi fa sentire vuota...aspetterò, contando i minuti, che arrivi mercoledì. Aspetterò. E cercherò di accettare di essere cambiata. Accetterò che io da sola valgo lo stesso, ma senza lui mi sembra di valere un po' meno.


Foto dal web

martedì 14 aprile 2009

DISCORSI PASQUALI...

E' che, tanto per cambiare, quando si mangia tutti insieme, come a Natale o Pasqua, vengono sempre fuori quei classici discorsi scomodi, tipo che siamo 4 cugine che tra tutte e quattro nessuna ha la minima intenzione di mettere su famiglia. E così c'è mia mamma che dice che lei un nipotino lo vorrebbe...e io che ribadisco che non faccio certo figli per far piacere a lei e che, se non ricordo male, mi aveva pure messa in guardia non molto tempo fa sul farli, perchè tanto io non sarei stata in grado di badare a un figlio, visto che io per prima non so badare a me stessa. Ma questi son dettagli. C'è la zia che dice che i figli si dovrebbero fare, che se no quando poi si è vecchi, come si fa se non hai dei figli che si prendono cura di te? A parte che non è detto, ma certo non mi metto a fare figli per avere un sostegno quando sarò vecchia. Primo perchè credo che moirò prima di invecchiare (ma lo dico con molta serenità addosso), secondo perchè se mai dovessi arrivarci e se mai dovessi aver bisogno, credo che mi lascerò morire senza tante cure o al massimo mi pagherò una badante. C'è mia mamma che rilancia portando come tesi il concetto che magari, quando non potrò più averne, mi pentirò di non averne voluti quando potevo farli. E questa è una cosa che fa vacillare un po' la mia posizione. Perchè a questa cosa ci ho pensato anche io. Ecco, sarà che in questi giorni sono circondata da gente che ha o aspetta figli. Fabione, che a luglio avrà una bimba, lui, che proprio io come padre non lo avrei mai visto, adesso avrà una bimba. E lui è tutto contento, tutto felice di questa cosa, di aver messo la testa a posto. Epicureo com'era non lo avrei mai detto. E invece lui è cambiato. Come è cambiato Lucone, il suo miglior amico, che a gennaio ha avuto un bimbo. E pure lui, io non lo so, va bè che li conosco da 8 anni e 8 anni fa erano proprio agli antipodi...però pure lui è cambiato. E adesso è papà. Massimo, lasciamo stare Massimo. Che quando ci si frequentava, non solo non pensava minimamente di mettere la testa a posto, ma non credeva neanche all'amore. E invece un paio di anni fa si è innamorato e adesso convive e adesso è papà. Pure lui. E pure lui è cambiato. Una mia collega, che l'altro giorno mi ha dato la notizia e mi ha fatta quasi piangere, perchè proprio non me l'aspettavo, visto che pensavo fosse single. E invece non era single e tra 7 mesi sarà mamma anche lei. E io non mi chiedo quando sarà il momento giusto per me, ma mi chiedo se mai mi verrà quest'esigenza di procreare. E, sinceramente, non sono neanche sicura se la vedo come una cosa buona o una cosa cattiva. O come quando io e lui ci si mette li, prima di dormire, che si chiacchiera e si parla di nomi, che troviamo un sacco di nomi da donna e di nomi da uomo pochissimi perchè fanno tutti schifo. E poi ci mettiamo a fantasticare e a parlare di questi figli, a scherzarci sopra, perchè a un certo punto a me viene l'ansia. Ma allo stesso tempo mi viene anche un pizzicorino allo stomaco strano, che non riesco a capire se è l'ansia che si accentua o un sentore di serenità. Tutto qui, io queste cose ancora non le so, non le ho capite. Non so se è un bene o se è un male. Non so se mi mette agitazione pensarci. Non so se sono cose che voglio e non lo voglio ammettere. O se sono cose che non voglio e voglio continuare a convincermene. Io sti post sui figli devo smettere di scriverli...perchè alla fine, comunque, non concludo mai un cazzo! 

mercoledì 8 aprile 2009

DON'T FORGET

E ad un certo punto, così, ci mettiamo a ridere. A ridere forte. Così forte che quasi quasi mi bruciano gli occhi e mi si inumidiscono. Mi metto una mano davanti alla bocca e dopo poco mi rendo conto che non lo sto facendo per coprire la risata. Sotto la mia mano, ho le labbra contratte in una di quelle smorfie che mi imbruttiscono tantissimo quando sto per piangere. E infatti, mentre la guardo, dopo tanto tempo, piango. Per quel suo ridere che mi porta indietro a 13 anni fa,  a quando ci nascondevamo nei palazzi in costruzione per fumare, senza farci scoprire, le sigarette che lei rubava a suo babbo. Mi tornano in mente le battute di Jack Frusciante che recitavamo a memoria, gli Articolo 31, Max Gazzè, Carmen Consoli e i Placebo a riempire di note i nostri sabato pomeriggio. Le ore trascorse sedute sul marmo gelido del monumento in piazza aspettando di veder passare i nostri filarini di turno (che poi mica ci filavano loro..eravamo noi che li filavamo!).


E ad un certo punto le tocco una spalla e le dico "Rachele, vieni con me". E ci sediamo sulla panchina dell'angolo più bello del nostro centro storico. E su quella panchina, in quel preciso momento, io lo so che lei si ricorda le stesse cose che mi sto ricordando io. Lo so dai suoi occhi umidi che luccicano sotto le lenti degli occhiali neri. Lo so, che mentre parliamo in quell'angolo che negli inverni di tanti anni fa è stato il nostro rifugio, lei non vede due quasi trentenni. Ma come me, vede due adolescenti, con i parka sgualciti, i berrettoni peruviani e le borse di corda colorate. E so anche che, se non avesse smesso di fumare, in quel momento avrebbe fumato con me. E avrebbe aspirato una boccata di nicotina con un sapore diverso, un sapore di nostalgia e di tempo passato.


Prima o poi un post su di lei lo dovevo scrivere...ogni cosa ha il suo tempo.


[youtube http://www.youtube.com/watch?v=iCfViBQtnKI&hl=it&fs=1]

domenica 5 aprile 2009


Foto dal web


"A quattro anni credevo che fosse mia madre a inventare i miei sogni notturni. Se al mattino mi chiedeva cos'avevo sognato, come qualche volta faceva, era per vedere se le dicevo la verità."


Da: "Il giardino di cemento" - Ian McEwan

mercoledì 1 aprile 2009

IL GIUSTO NOME ALLE COSE


C'era un tempo


che variegava lacrime e buio.


Era un tempo


che non dava il giusto nome alle cose.


Un tempo


fatto di pensieri in bianco e nero


di miagolii densi


e notti insonni.


Questo tempo


batteva il ritmo di note soffocate


e parole vuote.


Era il tempo dei silenzi


della stasi


dell'immobilità.


Il tempo in cui


io ero solamente io.



Foto dal web