domenica 11 luglio 2010

IN ESTERNA






Morirò un giorno, come tutti del resto. Potrei morire domani, come tra cent'anni. Ma prima o poi, qualunque cosa accada, morirò. Come tutti. Non so ancora di cosa, almeno per ora, ma non mi importa. Come non mi preoccupa l'atto stesso della fine, la chiusura definitiva della mia vita. 
Mi preoccupa, invece, quello che resta. Penso alle cose che non dirò e che quando morirò non avrò detto. Penso ai rancori che lascerò qui, in questo spazio terreno, alle cose che non avrò fatto. 
Ma più di tutto, mi viene da pensare a quello che gli altri, quelle persone che sono e sono state nella mia vita, vuoi per orgoglio, vuoi per pigrizia, vuoi per semplice paura di una risata o di uno scatto d'ira, mi hanno sempre taciuto. Non tenetevi le cose per voi, non lasciate che io me ne vada, un giorno, domani o tra cent'anni, senza averle sentite quelle cose. 
Credo che non ci sia spirito più inquieto e triste di un'anima che rimane in sospeso insieme alla parole lasciate a metà. Se vi ho fatto un torto, lo voglio sapere. Cercherò di rimediare o magari, più semplicemente, vi chiederò solo scusa. Se vi ho reso felici, anche solo per sbaglio o se vi ho fatto sorridere, ne sarò lieta, e quando giungerà il mio momento sarò serena. 
Se mi avete odiato, se mi avete amato, se non mi avete mai sopportato, se vi ho deluso, se vi ho abbandonato, ditemelo, perché non c'è peggior morto di quello che muore in silenzio. 

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