martedì 14 luglio 2009

Foto dal web


Gli amori che nascono in estate


sanno di chiaro di luna


e di sabbia tra i capelli.


Hanno il profumo della crema doposole


al tramonto


lasciano i brividi sulla pelle


a mezzanotte.


Gli amori che nascono in estate


hanno il sapore di ananas e cocomero


mangiati all'ombra di un gazebo


e punture di zanzare alle caviglie.


Sanno di finestrini appannati


di utilitarie nei campi di grano


di gambe intrecciate


e schiene dolenti


al mattino.


Gli amori che nascono in estate


hanno i baci che sanno di cloro


salsedine e pelle dorata.


Hanno il rumore di ciabatte infradito


sui ciotoli dei parcheggi poco illuminati.


Hanno il colore dell'alba,


il sonno di due ore


che portano negli occhi arrossati


il giorno seguente.


Gli amori che nascono in estate


non hanno orari,


vivono di un ritmo tutto loro,


hanno un'energia incontenibile.


Suonano di canzoni passeggere,


ballano all'accavallarsi delle onde


in feste sulla spiaggia.


Gli amori che nascono in estate


non hanno tempo,


vivono solo per quella stagione.


Lasciano ricordi,


profumi tra i capelli, sui vestiti,


sapori di lucidalabbra e dopobarba.


Svaniscono pian piano,


col treno di settembre,


dentro a zaini colorati,


tristemente se ne vanno.

lunedì 13 luglio 2009


Non mi servono tombe


per parlare coi morti.


Ogni fisicità,


ogni concretezza,


nel momento del trapasso,


svanisce.


E' l'anima che rimane,


tangibile,


reale.


E' con l'anima che parlo


non con una fotografia.


Parlo


non prego.


Non so pregare.


Io parlo


con chi voglio mi senta,


con quello che ne è rimasto.


Non è un vaso di fiori


davanti ad una croce


a far la differenza.


E' quello che si dice


Io


sono io quel gatto


sono lo stesso gatto


che passeggia lento sul cornicione.


Sono io,


che, incurante del vuoto,


faccio un passo indietro


e salto.


Tre piani


di indescrivibile libertà.


Sono io,


che con un tonfo,


su quattro zampe,


atterro senza graffi nè lividi.


Sposto il muso verso l'alto,


non mi spaventa il balzo che ho fatto.


Sono viva,


integra,


pronta alla prossima prova.


Sono io


quel gatto grigio


che passeggia lento,


sul cornicione


e non teme più nulla


L'acacia di Costantinopoli


fa ombra ai pensieri.


L'ultima volta


eri qui


seduta sotto lo stesso albero.


Mangiavi ciliegie,


parlavi con me.


Se chiudo gli occhi


ti sento


nel sublime, instancabile


cantare delle cicale.


Sei nelle foglie dell'ulivo


che ondeggiano al vento


e cambiano colore


ai raggi del sole.


Ti sento


nel profumo dell'erba appena tagliata,


nel cinguettio di allegri passerotti estivi.


Ti vedo


nelle ali delle rondini stanche.


L'ultima volta


eri qui


e non sapevi sarebbe stata l'ultima.


Io, in cuor mio,


lo sapevo bene.


E fotografai l'immagine.


I tuoi occhi


la tua maglia grigia


il tuo sorriso.


Nitidi ora, in questo istante assorto


sereno


di un lunedì pomeriggioo d'estate


i tuoi movimenti riappaiono.


E ti sento con me

domenica 12 luglio 2009

12 LUGLIO...UN ANNO DOPO



Di quel giorno ricordo tutto. La cosa strana è che quando si dice "un anno" sembra tantissimo. Poi, invece, quando ti guardi indietro, ti accorgi che quei 12 mesi sono passati volando. Un anno. Che davvero, a dirlo così, adesso, sembra così poco. Proviamo con 365 giorni. Sono tanti 365 giorni, ma a me sembra comunque ieri. 365 giorni fa ero andata via, da sola, in un posto dove volevo ritrovare me stessa. Ero in un posto fresco, in un albergo in mezzo al bosco. E la prima sera che sono arrivata lì, non avevo nessuna paura, così, dopo cena, mi sono incamminata tra gli alberi. Non so cosa stessi cercando. Forse solo un po' di serenità. Forse volevo solo stare bene. Forse non stavo cercando neanche niente. A volte si cammina e basta, senza una ragione. A volte si cammina solo per schiarirsi le idee, trovare soluzioni e risposte agli enigmi esistenziali. Camminavo. E mi sedevo sulle foglie secche. In cuor mio, ero quasi sicura che lui non sarebbe venuto e già mi preparavo alla delusione e pensavo a come avrei vissuto da quel punto in poi. E invece...bè, invece la storia la sapete un po' tutti. Il mattino seguente mi sono stesa sul prato e ho aspettato. Aspettavo di vedere una persona che non avevo mai visto, di parlare faccia a faccia con quella persona per vedere se le emozioni che mi provocava fossero vere anche stando l'uno di fronte all'altra. In quel momento ho capito due cose: nella vita non si può mai essere certi di nulla e allo stesso tempo si deve provare. Non conta non avere più 16 anni, le farfalle nello stomaco non hanno età. Pensavo che io 16 anni non li avevo più, eppure mi sentivo una sedicenne. Pensavo che la situazione non sarebbe stata facile e ho lasciato che lui facesse le sue scelte. Pensavo che avrei pianto. ho pianto. Pensavo che fosse la mia anima gemella e oggi lo penso ancora. Dopo 365 giorni. Lui adesso, ogni tanto, mi guarda e ridendo mi dice che sono stata sfortunata ad incontare lui. Io lo guardo e rido...e intanto penso che non ha proprio capito niente dalla vita.

IN BIANCO E NERO

Questo blog ha lo sfondo bianco. Ha lo sfondo bianco perchè io non sono una persona cupa e tetra come potrebbe sembrare da almeno gli ultimi 45 post. Questo blog ha uno sfondo bianco, perchè di norma, io dentro sono una persona bianca. Penso positivo, anche nelle difficoltà. Io sono una persona che si lascia prendere dallo sconforto, che si butta giù con un niente, ma che poi risale sempre. Io sono una persona bianca dentro. E visto che questo blog ha lo sfondo bianco, io voglio continuare a scrivere le cose bianche che scrivevo prima. Una volta scrivevo persino a colori, poi ho smesso. Io voglio che qui, su questo blog dallo sfondo bianco, si scrivano solo cose bianche da adesso in poi. Io non voglio più piangere, io devo andare avanti. Conosco persone che hanno blog con lo sfondo nero perchè sono nere dentro...hanno il loro male interiore che le tortura ogni giorno. Poi magari capita a loro il giorno buono e scrivono in bianco. Io funziono al contrario. Son bianca di base...con picchi di nero di tanto in tanto. Oddio, di tanto in tanto mi sembra un po' azzardato in quest'ultimo periodo. Diciamo che è stata un periodo nero un po' lungo. Però adesso basta. Io non voglio più essere nera dentro. Eppure dovrei essere in lutto...eppure quello che è successo mi ha dato una strana forza. La consapevolezza della morte è la consapevolezza della vita stessa...vivere. Io voglio vivere in bianco. Ho visto, ho sentito, ho parlato di troppe cose nere. Adesso basta. Io dentro sono bianca e torno a scrivere in bianco...forse.

venerdì 10 luglio 2009

QUELLO CHE RIMANE...SE RIMANE QUALCOSA

Mi sono chiesta spesso, quando passavo davanti alla casa di qualcuno che era morto da poco, che clima regnasse in quella casa. Magari sapevo che quel giorno c'era stato il funerale e pensavo che tutto si muovesse lento, al buio, in silenzio in quella casa. Che le perisane sarebbero state chiuse per un po' di tempo, che chi era rimasto non si sarebbe alzato dal letto, per un po' di tempo. Mi sono chiesta spesso "e adesso? come vivono adesso che quella persona non c'è più? Non mangeranno, non dormiranno, piangeranno soltanto. così, per giorni e giorni". Cosa rimane quando qualcuno se ne va? Me lo sono chiesto spesso, e me lo chiedo anche adesso. Adesso che sono qui, dopo aver visto mio nonno sedersi sulla sedia accanto alla bara di mia nonna, ancora aperta. Lei, il vestito buono, un foluard rosa al collo, tra le mani un rosario rosso che profumava di rosa, che le avevo regalato io quando sono andata a Roma. Lei, un accenno di rossetto sulle labbra, le unghie viola, la carne fredda. Lui, accovacciato accanto, che le accarezza la fronte. Ricurvo, piegato dal doloro e col viso rigato di lacrime. E in quel momento mi sono sentita morire. Ho pensato che dopo 60 anni che ti alzi con una persona, che vivi la tua giornata al fianco di quella persona, ogni giorno, che vai a dormire quando va a dormire lei, che fai colazione con lei, che pranzi e ceni con lei, ogni giorno, per 60 anni, deve per forza venirti a mancare un pezzo di cuore. Se penso a quante volte li ho sentiti discutere, se penso a tutto quello che diceva mia nonna a  mio nonno...non gliene faceva passare una liscia, mai!...se penso a quanti rospi ha ingoiato lui...mi viene da sorridere. Sorrido mentre piango perchè credo di non aver mai visto una scena tenera come quella che mi si è presentata davanti oggi. Lui...lei...insieme per l'ultima volta. L'ultimo giorno di quei tanti giorni passati insieme, l'ultimo giorno di quei 60 anni vissuti insieme. Quando lei è morta, c'era proprio lui accanto a lei. Non erano mai rimasti soli da quando la malattia l'aveva peggiorata e lei non riusciva più a parlare. E' bastato che mia mamma se ne fosse andata via per mezzora lasciando solo mio nonno con lei, e in quella mezzora lei ha deciso che era ora di morire. Ha spalancato gli occhi, lo ha guardato, e poi li ha richiusi. E poi ha smesso di respirare. Mi piace pensare che abbia deciso di morire accanto alla persona che le è stata vicino per 60 anni. 60 anni. sono tanti 60 anni. Chi ti conosce meglio di quella persona li? E forse si è sentita sicura, e forse sapeva che lui l'amava ancora e forse anche lei lo amava ancora. Dopo 60 anni forse ci si ama ancora o forse ci si vuole solo bene. Forse ci si stima. Ma che importa? ogni giorno, per 60 anni, si sono svegliati e si sono parlati. Non avevano segreti, non potevano averne...dopo così tanto tempo forse si diventa davvero una persona sola. Così, oggi, con mia nonna se n'è andato anche un pezzo di  mio nonno. Ma cosa rimane di quel pezzo che è rimasto di lui? Temevo disperazione, temevo sconforto. E invece, la sua casa non era una casa con le persiane chiuse e le luci spente. Ci siamo radunati da lui, abbiamo mangiato la pizza, abbiamo mangiato a quel tavolo dove adesso c'è una sedia in meno da aggiungere. Eppure lei era li. Ci guardava sorridendo dalla foto con lo sfondo azzurro. Ma quando ho abbandonato la scena per andare in terrazzo e tra le voci non ho trovato la sua voce, ho sentito un vuoto rimbalzarmi dentro. "dov'è?" mi chiedevo "dov'è? che la sua voce non la sento"...non c'è. Non c'è la sua voce. Non c'è lei. non è lì con le sue battute, le sue smorfie, le sue frecciatine su di me. Non c'è. Lei è rimasta là, in una bara dentro a ad un loculo, in mezzo a tante altre bare dentro ad altrettanti loculi. Mentre noi siamo tutti insieme, seduti a tavola, che parliamo di quando mio nonno l'ha conosciuta e della prima cucina che hanno comprato, lei è rimasta da sola. In un cimitero buio. E per quanto il corpo sia morto, io ho come la sensazione che lei senta la mancanza della nostra presenza. Forse si risentirebbe anche se sapesse che ci siamo riuniti tutti insieme a quel tavolo senza di lei, mentre lei è sola. cosa rimane? se qualcosa rimane? Rimangono le lacrime di mia madre, il fiore che le ha tirato nel loculo prima che cominciassero a chiudere. Rimangono le nuvole che avevano coperto il cielo e l'aria fresca che io avevo implorato tanto già dal mattino per avere il cielo coperto e l'aria fresca perchè temevo troppo il caldo in un giorno già duro di per sè. Rimane l'odore acre dell'incenso, le gocce di acqua benedetta sulla bara, rimangono mazzi di fiori appoggiati a terra "Ciao nonna", c'era scritto nel nostro. Rimane un biglietto dentro a quella bara, un biglietto che ho scritto piangendo, un biglietto per dirle che già mi manca...e la frase finale "Fà la bravina, nonna". Fà la bravina nonna, davvero. Non fare dannare nessuno, in qualunque posto tu sia finita adesso. Ti immagino già che ti lamenti della stanza, del cibo, che come minimo hai già preso di mira qualcuno per le tue battute e per le tue linguacce. Fà la bravina, nonna. Comportati bene, non farti riconoscere come tuo solito. Fà la bravina, e ogni tanto vienimi a trovare.

mercoledì 8 luglio 2009

IO DICO ADDIO

 


Non molto tempo fa, quando pensavo a questo momento, credevo che avrei avuto tantissime cose da scrivere. Dicevo che mi sarei abituata all'idea di non sentirla più per telefono, di andare a casa sua e non trovarla seduta sulla sedia della cucina a guardare la tv, e che col passare dei mesi mi sarei abituata a non sentirla più dire “ti taglio anche del salame se vuoi” “no, nonna, sono a posto” “ah, fa te, fa te”. Solo che oggi, a queste cose di lei che non ci sono più io mi sono già abituata. Perchè non me la ricordo neanche più l'ultima volta che l'ho vista seduta in cucina, l'ultima volta che mi ha telefonato o l'ultima volta che mi ha offerto qualcosa da mangiare... perchè i nipoti che mangiano poco sono sempre deperiti. Non molto tempo fa, quando pensavo a questo momento, credevo che avrei scritto di tutti ricordi belli che avevo con lei, delle cose fatte insieme, di quando mi chiamava “ragazza antica” o di quando mi faceva i codini tirandomi i capelli con gli elastici. Del bombolone che mi comprava la mattina in estate, di quando andavo a fare la spesa con lei...insomma, di tutto quello che mi ricordavo e me la faceva venire in mente. Adesso, invece, ho un vuoto. Un vuoto enorme. Come se l'avessi conosciuta da poco, da qualche mese. E ho solo il ricordo della sua malattia, dell'aspetto pelle e ossa, di quelle dita così secche da fare impressione, della sua voce che non mi sembrava neanche più la sua, della sedia a rotelle, del suo piatto mezzo vuoto, di quando contava i maccheroni che riusciva a mangiare. Di un paio di calzini arancioni che aveva ai piedi qualche giorno fa e io le ho detto che mi ricordava paperino. Di “nonna, fai la bravina” che le dicevo sempre prima di andare via e lei si metteva a ridere. E un vuoto ancora più grosso, la sensazione di non averla salutata per l'ultima come si deve, di averle solo toccato le mani gonfie ieri sera e di averla sentita col respiro affannato e di averla vista con gli occhi chiusi. Pensavo che avrei avuto ancora tempo...tanto tempo ancora c'era. E invece adesso sono qui che scrivo e mi rendo conto che il tempo non c'è sempre. Che non è sempre come vorremmo fosse. Che una sera stai mangiando, e suona il cellulare di tua mamma, e senti tuo nonno al telefono e capisci che il tempo non conta un cazzo. Che questa vita non conta un cazzo. Senti quella voce che ti rimbomberà nella testa per una vita, te lo ricorderai per sempre come lo ha detto “Vally, è morta la nonna.”. E vedi tua madre che inizia ad urlare, che piange, che non vuole farsi abbracciare. Si cambia in fretta la maglia, sale in macchina e singhiozza. E tu non riesci a piangere. Ti si è bloccato tutto sullo stomaco. Il cibo, le lacrime. Non sai se riesci a parlare, non sai se riesci a muovere un passo verso l'ospedale. Ci vai in ospedale. Ma prima di salire in camera sua rimani fuori, vicino all'uscita, cammini avanti e indietro e ogni tanto senti il nodo alla gola ma non ce la fai ancora a piangere. Poi basta l'abbraccio di un tuo cugino e cominci a sfogarti. Cammini sempre avanti e indietro e alla fine ti decidi. Sali e la vedi. Dorme. Semplicemente è come se dormisse. Però io lo so che non dorme. E' morta. E lei non era tipo da morire in un letto di ospedale. Lei era una donna forte, con la lingua tagliente, attiva. Lei era una persona a cui volevo bene. Come si fa a dire addio ad una persona a cui si vuole bene? Come si fa a mettersi in testa che da domani la terra continuerà a girare anche senza di lei? Odio gli addii. Odio sapere che il suo corpo sarà chiuso in una bara. Odio pensare che non si ricorderà di me, odio pensare che possa avere avuto paura nell'andarsene. E in questo momento, odio pensare che credo nella reincarnazione e che nelle nostre prossime vite ci ritroveremo. Odio pensarlo perchè non sono le prossime vite che mi preoccupano...ma questa. In questa mia vita, in quello che rimane, lei non c'è più. E io non so come fare.

domenica 5 luglio 2009



Che vengano resi


i giorni estivi


il sole delle otto del mattino


che invadeva la sua cucina


Il caffè e latte


che mi preparava


e il maglioncino di cotone


che mi metteva sulle spalle


la sera.


Che vengan resi


l'odore dello stick antizanzare


che teneva nell'armadietto di legno


che odorava di medicine,


il tè al limone nel brick giallo


il panino al prosciutto nella stagnola


che infilava nel mio zaino.


Che vengan resi


l'odore di naftalina nei suoi armadi


l'aria fresca che entrava dalla sua finestra


l'abat-jour coperta da un fazzoletto


per non farmi avere paura.


Che vengan resi


il latte coi boscotti


prima di andare a dormire


i suoi passi nel corridoio


per vedere se ero sveglia,


la coperta che pizzicava


il ticchettio del suo orologio


le parole che mi diceva


le lasagne che cucinava.


Li voglio ancora


li voglio adesso.


Che vengan resi


fosse anche per un  secondo


 

QUESTO E' UN POST DI RINGRAZIAMENTO

Ci sono dei momenti nella vita in cui scopri tantissime cose. Un giorno ti svegli e ti rendi conto che devi guardare in faccia alla realtà, che devi capire che le cose finiscono, che la vita finisce, che le persone soffrono, che la gente muore. Perchè che si muore tu lo sai. Lo sai già da un po'. Ma quando vedi andarsene  una persona a cui vuoi un bene immenso, quando vedi che ogni giorno che passa è un giorno in più che ti separa da lei, ecco, di quello che sapevi sulla vita e sulla morte te ne fai ben poco. E allora arrivano le persone speciali a farti forza. Ci sono le persone speciali che ti sono fisicamente vicine, quelle che ti tengono la testa sul loro petto e che ti accompagnano in ospedale benchè l'ospedale a loro faccia molta più impressione che a te. Ci sono quelle che ti dicono "mi dispiace. quando hai voglia di parlarne sono qui. ci vediamo quando vuoi", E tu a quelle persone rispondi che le ringrazi tanto, che non c'è molto da dire in realtà e che ti basta sapere che ti sono vicine e di poter contare su di loro nel momento in cui ce ne sarà bisogno. Ci sono quelle che col cazzo che si ricordano che patisci...e non si fanno neanche vive. Quelle che di solito ti scrivono per dire che sono loro che stanno male. Però ringrazi anche loro, perchè almeno hanno smesso di stressarti coi loro problemi. E poi ci sono persone che tu non hai mai visto da vicino, solo in foto, persone speciali per davvero. Sono quelle persone che tu conosci appena, gli amici della rete, che ti raccontano le loro esperienze e che ti dicono di farti forza. Ti ricordano le cose belle della vita, le piccole cose. Ti sono vicine anche loro. C'è quella che ti dice che vorrebbe essere li per accompagnarti lei all'ospedale, c'è quella che cambia discorso parlando di serie televisive e per un po' smetti di pensare...ci sono queste persone che mi fanno credere ogni giorno di più che questo mondo non fa così schiifo, che c'è del buono in tantissima gente ancora. Perchè, se ci pensate, chi si prenderebbe la briga di stare dietro alle depressioni e al dolore di una persona che si conosce appena?!...questo è bello, molto bello. Ed è per questo che ringrazio tutti. Tutti quelli che anche solo con un cenno o una frase buttata lì mi hanno fatto capire che non sono sola. Grazie