venerdì 30 gennaio 2009


Foto dal web


Ovattata


sotto la silenziosa


colorata


coltre.


Tregua!


Cullata da suoni inuditi


dal torpore che si conserva,


costante.


La fioca luce


a rasserenare onirici pensieri.


Abbandono le palpebre


senza ritegno,


senza timori.


E in un casto amplesso,


Morfeo si impossessa di me

lunedì 26 gennaio 2009


Foto dal web


Dove siamo finiti noi?


Ignobili viandanti.


Camminavamo per sentieri di terra e ghiaia,


lunghe discese a frantumarci le caviglie.


Dove si andava?


Non ce lo chiedevamo.


A noi


A noi che bastava l'ombra di un faggio


a farci innamorare.


L'incessante gorgoglio della sorgente fresca.


Noi, raminghi


impavidi girovaghi.


Le menti empatiche


gli occhi sempre fissi a guardarsi.


Dove siamo finiti poi?


Abbiamo forse sbagliato strada?


Ci siamo smarriti durante il cammino


o ci stiamo smarrendo ora?


Dove si va?


Continuiamo insieme arrancando in salita?


Tenderai la tua mano alla mia?


Punterai i piedi in avanti,


facendo leva sulle ginocchia,


per aiutarmi a salire con te?


O mi lascerai andare


mollando la presa?


Dove andiamo?


Lo puoi dire?


O continuerai a tenermi bendata


fino al punto in cui smetterò di sentirti?


Solo in quel momento, allora, capirò...


dove andavi


dove andavo

domenica 25 gennaio 2009

UN DUE TRE, VIA CHE ANDIAMO (NORI INSEGNA)


Foto dal web


Il fatto è che uno dei problemi peggiori per chi ama scrivere è l'apatia. E io, con l'apatia, con la totale mancanza di emozioni verso qualunque cosa, purtroppo, convivo da sempre. Vado a momenti. Momenti in cui non mi viene proprio di scrivere, di niente. Nè gioia, nè dolore. Nulla. Niente di bello. Niente di brutto. Vuota. Vuota la testa, vuoto lo stomaco, vuote le vene. Non sento i rumori, i suoni. Non piango. Non rido. Niente. E spesso e volentieri questi periodi coincidono con il tempo meteorologico. Piove. C'è nebbia. Sento freddo, a volte ho caldo. Perdo la rotta. La pioggia nasconde gli odori, li confonde, cancella le tracce e io perdo il sentiero. Lo perdo sempre. L'ho sempre perso. E tutte le volte, però, ho continuato a camminare, in attesa di un indizio, di un'orma che mi riportasse, tacitamente, sulla mia via. E oggi quell'indizio è stato il sole che si è fatto strada bucando le nuvole coi suoi raggi. E' salito un odore di terra fresca consapevole del poco tempo che manca per tornare a respirare. E' stato vedere la luce quando erano già passate le 5. E' stata una sensazione di libertà, di presa di coscienza. Non sarà sempre inverno. Non sarà sempre freddo. Tutto ricomincerà ad evolversi e, in mezzo a quel tutto, ricomincerò ad evolvermi anch'io. 

domenica 18 gennaio 2009

"RIPENSAI ALLE PAROLE DEL FILIPPINO: PACE"


Foto dal web


Destra, sinistra, centro. Israele, Palestina. Così, pensando ai fatti, uno sta dalla parte della Palestina. Che ci sono gli israeliani che vanno li e gli dicono "Qua dice che la terra promessa è questa. La Palestina. Quindi via, fuori dai coglioni". Che i palestenesi dicono "Ma, guardate, sinceramente non è che ci sembri proprio che sia scritto così". E gli israeliani dicono "No no, c'è scritto proprio così". "Bè, allora, ci dispiace, ma siete arrivati tardi. Ci saremmo già noi, non so se avete notato" dicono i palestinesi. "Eh si, l'avremmo anche notato. Ma siccome ci dovremmo stare noi perchè è scritto qui, eh, allora adesso vi bombardiamo e ci prendiamo quello che qua c'è scritto che è nostro" dicono gli israeliani. "Però noi dovremmo anche difenderci...non abbiamo mica i carri armati e le bombe. Abbiamo tipo solo le fionde. Voi avete un sacco di soldi perchè gli ebrei si sa che hanno un sacco di soldi e un sacco di fondi che avete tirato su con questa storia dell'olocausto. Che la gente ha fatto i film su di voi, ma mica i film su di noi. E ancora non hanno capito che mica sono morti solo degli ebrei per quel fatto li. Noi restiamo qui". dicono i palestinesi. " E noi vi bombardiamo" dicono gli israeliani. E allora come si fa a non stare dalla parte della Palestina? Stai dalla parte della Palestina perchè è come se venissero in casa tua e ti dicessero che quella non è più casa tua, che te la sei comprata e hai fatto dei sacrifici. E allora per averla te la bombardano. Insomma, non so se si evince, ma io sta questione della Palestina e di Israele è da un po' che non la seguo più. Perchè ad un certo punto mi viene da stare dalla parte della pace. Se mi chiedono Palestina o Israele? Io dico PACE. Che se uno sta dalla parte della pace non sbaglia mai. Così come vale per questo casino che sta succedendo adesso, per tutti i casini di cui nessuno parla perchè adesso la Palestina e Israele sono più importanti...sono anni che si ammazzano ma sto boom in Italia è venuto fuori solo da poco. Qua sento puzza di voglia di guerra...che si sa che le guerre risanano sempre l'econima...dopo. Prima ammazzano un sacco di gente che non c'entra niente, di gente che vorrebbe solo vivere una vita tranquilla e che di bombe, non bombe, fucili e non fucili non ne vuole sapere niente. PACE. Io sto dalla parte della pace. Che nessuno si è mai chiesto quanto si starebbe bene se non esistesse il potere, se non esistesse la smania di conquista e se tutti accettassimo la vita per quella che è. Senza pensare di dover rimanere nei libri di storia, senza pensare di lasciare un segno, anche se negativo. Io...io sto dalla parte della PACE

venerdì 16 gennaio 2009

DOMANDA...

Ma se alla richiesta di mia mamma "Cosa vuoi, Vally, per il tuo compleanno?", io rispondo una cosa tipo "Un aspirapolvere nuovo", secondo voi, sinceramente, sono arrivata ad un punto di non ritorno? Così...per sapere.

martedì 13 gennaio 2009

SCORREVOLE

E' questo tempo che passa, veloce, che uno si guarda indietro e poi non se ne rende neanche conto di come scorre in fretta il tempo. Oggi mi sono girata e ho guardato indietro e mi sono resa conto che sei mesi fa, giusto a quest'ora, stavo scendendo a valle, lasciandomi nuvoloni carichi di pioggia alle spalle e trovando l'afa che di chilometro in chilometro si faceva sempre più densa. E scendevo a valle, con la mia macchinina, l'autoradio accesa, il finestrino aperto e la sigaretta in bocca. Con la testa piena di pensieri, la voglia di piangere, una stretta allo stomaco che non mi faceva respirare. E tante, tantissime domande...Che fare? Come si risolve questa cosa dell'amore che ti prende e sai che non sarebbe cosa? Come si risolve il momento che non è il momento giusto, che non è nè il luogo nè l'ora, che proprio non è tempo? E risposte, tante, tantissime risposte. Una sola...quella più facile, quella che però faceva più male. E parlavo da sola, con me e me, convincendomi che lasciar perdere sarebbe stata la cosa giusta. E invece...e invece 6 mesi fa, scendendo a valle, ho capito che non tutte le discese sono facili da affrontare, che una discesa a volte può essere più difficoltosa di una bella salita ripida. Ma con dei freni buoni e senza gomme lisce tutto si supera. Tutto si affronta. E sei mesi fa ho sperato di scrivere un post come questo dopo sei mesi. E adesso sono qui che lo scrivo. Sei mesi, tanti giorni, tante ore...e direi ancora le stesse identiche cose.

lunedì 12 gennaio 2009

MEGLIO TARDI CHE MAI

E' che io mi vergogno anche un po' a dirlo, a dirlo proprio adesso che sono passati 10 anni da che quest'uomo qui è morto. E non è che io scriva questo post perchè gran parte degli italiani in questi giorni ha visto gli speciali su di lui e perchè, appunto, ricorrano proprio i 10 anni da quando quest'uomo qui è morto. Lo scrivo perchè io certe cose le scopro sempre un po' in ritardo, col tempo, insomma. Che non è che non conoscessi De Andrè prima di oggi, eh, sia ben chiaro. Ma non lo avevo mai approfondito molto. Conoscevo giusto l'ABC, giusto l'essenziale, le canzoni più famose e sempre in modo marginale. Perchè a me piace sapere un po' di tutto, ma non approfondire mai niente. Che quando vai ad approfondire le cose, poi, ti si aprono dei buchi dentro e quei buchi poi li devi riempire e ti ci vuole costanza se no non vivi mica bene. Ma questa mattina ho messo un suo cd in macchina e me lo sono ascoltato mentre andavo e mentre tornavo dal lavoro. Così, sempre un po' spassionatamente. Però con attenzione ho ascoltato parole che mi arrivavano dritte dritte al cuore. Parole che erano di una poesia che chiamarla poesia è scontato e banale ormai. Che lo so che non sono certo la prima a dire che quest'uomo qui non era un cantante ma un poeta a tutti gli effetti. Ed ecco che adesso, nel mezzo del cammin di nostra vita, sto iniziando a scoprire questo cantautore che nelle sue canzoni mi sembra di vederci delle foto. Di quelle belle foto in bianco e nero, un po' sbiadite, con gli angoli dentellati. Lui sapeva dare un volto alle parole, far muovere l'immaginazione. Lui raccontava favole. Bellissime favole. Che ci metteva sempre dei gran gendarmi con le armi nei suoi testi. E a me i gendarmi con le armi mi fanno venire in mente Pinocchio. E Pinocchio, per dire, è una favola.  Dipingeva con le note, fotografava con la musica. Io non lo so se si possono dire queste cose, soprattutto quando ancora non si è andati in profondità, quando si è rimasti ancora un po' in superficie per non farsi coinvolgere del tutto. Ma ho sentito questo. Ho visto ascoltando. Questo è quello che mi colpisce di più. E mi viene da dire, come mi viene sempre da dire, che di artisti degni di essere chiamati tali, ce ne sono e ce ne sono stati veramente pochi. Che non ho scoperto l'acqua calda lo so bene, eh. Però, ecco, io adesso ho anche voglia di postare una delle sue canzoni che mi è sempre piaciuta un bel po'. 


"LA GUERRA DI PIERO" - F. De Andrè


domenica 11 gennaio 2009

BREATHING


E rido, quasi fino a piangere, mentre pedalo e il vento mi graffia la faccia. Rido e il cuore mi batte forte al centro del petto. Il cielo limpido, turchese sbiadito. Il sole, delineato, deciso, vero. Le orecchie mi pulsano, sembra che urlino quasi. Ma io rido. Rido con questa giornata di primavera finta. Rido con gli odori, col silenzio lungo le strade di campagna del primo pomeriggio, deserte, illuminate. Rido con la mia bicicletta nera, con le ruote appena gonfiate. Lei ride. Era da mesi che non vedeva la luce. E oggi, io e lei, la luce l'abbiamo rivista. Insieme.

SBLOCCO ESISTENZIALE

Che a me, quando fa così freddo, la voglia di uscire di casa, abbandonando l'idea del mio divano e della mia coperta di lana, di un libro o di un film, con la testa appoggiata al suo petto, non mi viene mica. E' che il freddo io lo patisco proprio e allora non ci provo neanche molto ad uscire. Di sera, poi?! Però già da venerdì sera si era detto che ieri sera si sarebbe andati al cinema. E io mi ero fatta promettere da lui che, qualunque cosa io avessi detto o fatto per non andarci, avrebbe dovuto tirarmi per i capelli. E lui ha detto "Ti prendo a calci in culo, non ti preoccupare". Bene, mi piace questo metodo. Così, già verso le 6, ho iniziato a dire "Mamma mia che sonno, mamma mia che freddo, come si sta bene qui sul divano, dai guardiamo la Corrida stasera che è la prima puntata". Lui è stato bravo. Mi ha presa e ha detto "No no, adesso andiamo". Così, dopo aver girato un'ora per cercare parcheggio, siamo scesi dalla macchina. Via, di corsa, correndo proprio perchè eravamo in ritardo, il fiatone, le orecchie che mi pulsavano, le gambe molli. E ci siamo visti un film che avevamo proprio una gran voglia di vedere e una gran aspettativa su sto film, perchè avevamo letto il libro e il libro ci sembrava molto carino. "Come dio comanda". Ecco, se avete letto il libro risparmiatevi pure di spendere i 7 euro del cinema. Fa letteralmente schifo. Da Salvatores io una cosa così non me l'aspettavo. A parte che manca uno dei personaggi fondamentali. A parte che manca la trama. Manca il nucleo della storia. Fatto di scene buttate lì, un po' a caso, che nel libro c'erano anche, ma che nel film mancavano proprio del filo logico. A parte che gli attori a recitare non sono tutta questa gran cosa. Che i personaggi erano anche stati scelti bene, fedeli alle descrizioni del libro. A parte che De Luigi nella parte dell'assistente sociale non ce lo vedo proprio e che sfido chi non ha letto il libro a capire che si tratti di un assistente sociale. A parte che "Quattro formaggi" l'hanno reso come un imbecille ai massimi livelli quando nel libro era decisamente diverso. A parte tutte queste cose, il finale è stato reso nei minimi particolari. Per tutto il primo tempo, comunque, stavo ad aspettare che il film iniziasse...e più di una volta io e lui ci siamo chiesti se per caso non stessimo guardando il Promo. A parte che io non me ne intendo molto di cinema, ma ultimamente mi sto facendo una porca cultura di cinema, e allora ho pensato che, se Salvatores voleva fare qualcosa di particolare, ha scelto gli attori sbagliati come minimo. Se non avete letto il libro e avete visto il film a questo punto, per non rimpiangere quei 7 euro di cinema citati sopra, non leggetelo.


Libro: voto  8


Film: voto 5

mercoledì 7 gennaio 2009

UFF CHE MAGONE!

Sarà quel burlone di Tom che canta in sottofondo, sarà il mio stomaco che mi piacerebbe prendere a forza, spappolare più di quanto non sia già spappolato e buttare nel bidone del rusco. Sarà che stamattina mi sono commossa cantando con Albano e Romina "Felicità è cantare a due voci quanto mi piaci è la felicità" (tanto per rendere l'idea di come sono messa). Sarà sto tempo che mi sta innervosendo all'inverosimile che io non ce la faccio più a vedere sto cielo di un grigio così grigio che mi toglie il respiro. Sarà che ho bisogno di sole, sole, di 20 gradi almeno, che ho bisogno di caldo, non tanto, ma caldo si, un po'. E basta con sta pioggia, con questa umidità. Sarà che le feste hanno scombussolato tutti i miei ritmi, che non capisco più che giorno è, che non ho più punti fermi. Sarà che adesso le feste sono finite e mi viene da dire menomale. Sarà che oggi mi sembra lunedì e io odio il lunedì e non mi rendo conto che venerdì è vicino e così rivedo lui. Sarà anche questa cosa che mi mancano piccoli gesti quotidiani, che a volte, ma solo a volte, penso che mi piacerebbe tornare a casa all'una, sentire, mentre apro la porta, la musica che viene dallo stereo, trovarlo lì che ha appena buttato la pasta e pranzare insieme. E invece sarà che oggi ho mangiato un panino col prosciutto che tanto per cambiare non riesco a digerire, con i gatti che mi guardavano. Almeno questa casa non è del tutto vuota, almeno ho loro che mi fissano negli occhi e mi danno forza. Sarà che oggi è un giorno no e non ho le forze. Sarà che oggi passerà e arriverà domani e poi dopo domani e arriverà la mia stagione...per fortuna, arriverà. Come arriva tutti gli anni arriverà. E passerà. Questo magone passerà. Passa sempre.


Dal fondo


odo sussurri, flebili voci.


Parole, pensieri...


Miei?


Non miei?


Di chi altrimenti?


L'anima alza il tono


ansiosa di farsi ascoltare.


Forte, più forte, ancora di più.


Si inalbera quasi


si impone decisa.


"Io, io... adesso parlo io!"


Dice.


Silenzio, prometto


non ti interrompo.


Come la tempesta


Come il mare in burrasca


non azzarda


ma strilla, urla, annaspa.


E, ripreso fiato,


una sola parola, una soltanto...


"Liberami"

domenica 4 gennaio 2009

E A ME MI PIANGE UN PO' IL CUORE

Apro il giornale, domenica mattina, oggi. In un trafiletto, proprio in copertina, c'è scritta questa cosa qui, che una certa Valentina Giovagnini è morta in un incidente stradale. E io lo so chi è Valentina Giovagnini, perchè mi è sempre piaciuta tanto. E' una cantante che aveva partecipato a San Remo anni fa e le sue canzoni mi piacevano perchè erano particolari, non quella musichetta solita sanremese che intasa le radio per due mesi e impazziscono tutti. Valentina Giovagnini non era mica commerciale come cantante e a me piaceva per quello. Quando ho letto quel trafiletto ci sono rimasta di un male che mi sarei messa a piangere. Mica era mia amica Valentina Giovagnini, però era giovane, però era brava, però era un'artista con le contropalle. E così, visto che sono qui, un video suo lo posto...una delle sue canzoni che preferivo e che continuerò a preferire. Poi uscirà un album postumo che lei stava preparando...e sono contenta che almeno se ne serberà il ricordo. Peccato, però, accorgersi dei talenti che si perdono quando questi vengono a mancare.


Valentina, riposa in pace. Questo è il mio saluto.




[youtube http://www.youtube.com/watch?v=_iw2zo3GzQM&hl=en&fs=1]


SENZA ORIGINE


Balla fino a che pace non c'è
Balla fino a che terra non è
Prendimi così stringimi a te


Balla fino a che pace non c'è.


Senza origine
Da strade e vie tornano in me
Le false lacrime dei re
Solitudine
Che inganno sei che inganno sei
Nei giorni miei


Balla fino a che pace non c'è
Balla fino a che terra non è
Prendimi così stringimi a te
Gira intorno a me canta con me
Balla fino a che pace non c'è
Balla fino a che alba non è
Gira intorno a me canta con me
Balla fino a che pace non c'è


Senza origine
Tra uomini e no
Scivolerò ancora in un deserto al neon
Per non essere
Straniera mai nemica negli occhi tuoi


Balla fino a che pace non c'è
Balla fino a che terra non è
Prendimi così stringimi a te
Gira intorno a me canta con me
Balla fino a che pace non c'è
Balla fino a che alba non è
Gira intorno a me canta con me
Balla fino a che pace non c'è

Piramidi che girano in un gioco di luce
Non fermarti mai
In questo rito che tempo non ha


Balla fino a che pace non c'è
Balla fino a che alba non è
Gira intorno a me canta con me
Balla fino a che pace non c'è

venerdì 2 gennaio 2009

IL NONNO GINO

Il nonno Gino è il nonno con cui ho vissuto per 10 anni. Il padre di mio padre. Il nonno Gino era un uomo di bassa statura, resa ancora più bassa dal fatto che camminasse costantemente gobbo. Colpa dell'ulcera e di tanti anni passati a lavorare nei campi. Non credo di averlo mai visto dritto. Era già così quando sono nata. Quando sono nata, tutti dicevano che assomigliavo al nonno Bruclin (così lo chiamavano, per via del cognome e del fatto che era piccolo). Ero gagia come lui, con la pelle rossastra e in testa avevo una peluria rossiccia e gli occhietti grigi come i suoi. Il nonno Gino, o Bruclin, che dir si voglia, con me non parlava molto. Anzi, credo che non parlasse molto con nessuno. Era uno di quegli uomini rudi di campagna, di quelli taciturni che dovevi stare attento a non farli arrabbiare. E infatti io e lui andavamo d'amore e d'accordo. Lui non mi parlava e io non gli parlavo. Questa cosa del non parlarci, però, non mi è mai pesata tanto. Lo capivo. Era cresciuto col concetto della famiglia allargata, aveva tantissimi nipoti, e un po' come i conigli, lasciava che questi nipoti crescessero liberi. In realtà, che io ci fossi o non ci fossi, per lui era uguale. Di certo non preferiva un nipote all'altro. Una delle immagini più nitide che ho di lui è quella in cui, seduto al tavolo della cucina, pucciava il pane secco in un bicchiere di vino rosso. E sotto al tavolo teneva un braciere, fatto col casco di un tedesco che aveva ritrovato dopo la seconda guerra mondiale. In questo casco metteva il carbone rovente appena tolto dalla stufa e ci appoggiava sopra i piedi. Era un uomo essenziale, il nonno Gino. Non sprecava parole, non sprecava cibo, non sprecava energie. Me lo ricordo mentre saliva le scale a fatica, appoggiandosi alla ringhiera per non cadere all'indietro a causa della gobba. Gli occhi piccolissimi e chiari, con i capelli bianchi e radi sulla testa...sembrava un bambino nato vecchio. Mi faceva tenerezza. Ogni tanto, il martedì mattina, si vestiva elegante, con la giacca marrone, la cravatta bordeaux e il cappello in tinta. Prendeva la sua bicicletta verde e andava al mercato. Non so dove trovasse le forze, però le trovava. Non aveva mai avuto la patente, sapeva guidare solo il trattore. In estate cercava un po' d'ombra sotto ad un ulivo, prendeva la sua sedia di legno e si metteva lì, a suonare la fisarmonica. Non era mica mai andato a scuola di fisarmonica, però la sapeva suonare benissimo. E io aprivo la finestra della mia camera e stavo in silenzio, ad ascoltare tristi e malinconiche melodie. Anche se non parlava mai, ho l'impressione che fosse un uomo profondo. Aveva poche conoscenze per dimostrarlo, a malapena sapeva scrivere. Però, la notte che mia mamma è uscita di casa per andare in ospedale per partorire mia sorella, lui è uscito dalla sua stanzina buia, ha acceso la luce e ha detto solo una cosa... “è una femmina”. Senza aggiungere niente, senza incertezze. Sapeva tutto lui. Aveva la chiave giusta. Poi una sera, una di quelle sere d'inverno che mia mamma aveva preparato per cena il pancotto, dalla cucina abbiamo sentito un rumore di pentole che cadevano e mia nonna che urlava. Siamo corse giù per le scale e abbiamo trovato mio nonno steso a terra. Ictus. Così, senza dire niente. Però era vivo. Solo che da quella volta non ha più potuto suonare la sua fisarmonica, non ha più potuto camminare per i suoi campi né salire le scale. E' rimasto per un paio d'anni a letto. E non si lamentava, non piangeva. Forse neanche capiva. Mi ricordo che mia mamma lo doveva imboccare e era stata contentissima quando aveva trovato al supermercato dei frullati di frutta già pronti. Un giorno sono andata da lui, gli ho stretto la mano...e mi ha detto “vai via”. Forse non si voleva far vedere in quello stato. Forse non gli ero mai stata simpatica. Però non me la presi...con lui non me la prendevo mai. Un giorno di maggio del 1994 il nonno Gino è morto. Al suo funerale avevo una maglia bianca con la scritta “Vive la vie” e dopo il funerale io e i miei cugini siamo andati a mangiare le ciliegie nel campo. Mia mamma non voleva che lo vedessi morto. Preferiva che lo ricordassi così, come lo avevo sempre visto in vita. Io allora non l'ho visto morto, però tutte le volte che mi viene da pensarlo non lo immagino vivo, ma lo immagino steso, con gli occhi chiusi, in quella bara.


Qualche anno dopo la sua morte, stavo guardando delle foto con mio babbo. Dietro ad una foto invecchiata, ingiallita, strappata agli angoli, un ritratto di gruppo, di quelli che si fanno alle scuole elementari, con tutti i compagni e la maestra, e mio babbo piccolissimo, ecco, dietro ad una di quelle foto li, c'era una poesia, scritta con stento, con una calligrafia che traspirava sudore, fatica, impegno. E sotto una firma. Quella di mio nonno. E così ho capito. Ho capito che molto persone, anche senza parlare, possono trasmettere molto di più di quello che si possa immaginare.

giovedì 1 gennaio 2009

ANDIAMO PUR AVANTI...


Foto di Leanne


E un altro anno è andato. Via, indietro, alle spalle. Ecco, un anno che a me, tutto sommato, è piaciuto parecchio. Adesso non c'è più, si va avanti. Forse è perchè il 2008 non mi era dispiaciuto, forse perchè ho l'influenza, ma a me, sinceramente, di festeggiare il capodanno me n'è fregata bene una minchia. Però avevo tutto quello che bastava. Lui. Una cena semplicissima. Un panettone. Una bottiglia di champagne (gentilmente offerto...grazie tu sai chi sei! :)). Il nostro divano. La nostra coperta di lana. Film. Uno dei film che più mi hanno toccato l'anima. "Nuovo cinema paradiso". Stupendo. La promessa di rimanere svegli fino alle 6...il sonno che all'1.30 mi aveva già chiuso le palpebre. Io. Lui. Un anno finito insieme e un altro da percorrere...insieme? si spera. Perchè per queste cose si deve sempre sperare. E così per il 2009 non ho fatto programmi. Lui si. Cose sue. Io non so neanche se nei suoi programmi ci sono. Io no. Io non li faccio. Però ho fatto un'altra cosa. Ho buttato via le cose brutte del 2008. Ho lanciato dal terrazzo una parte di me. La parte sbagliata. La parte che serbava rancori. E ho allungato una mano. E di questo sono contenta. Certe cose mi fanno piacere.


E così il 2009 è iniziato. Con la neve che scendeva dalla finestra. Come nella foto qua in alto. Dove la Melinda ha il muso incollato al vetro...nella speranza di poter prendere un fiocco di neve e mangiarselo. Ecco...spero che il 2009 sia pieno di fiocchi di neve da prendere e da mangiare. Un po' per tutti.


Lascio questo post con la scena finale di "Nuovo cinema Paradiso". Ho i brividi...sarà la febbre?!