lunedì 24 dicembre 2012

PRESTO O TARDI...MA CAPITA





Capita a tutti, prima o poi. Alcuni se ne accorgono, altri non ci fanno caso, si limitano solo a dire "Non sento più il Natale". Sono anni che i Natali non sono più quelli di una volta. Se ne sono andati piano, un po' alla volta, peggiorando ogni anno. A prescindere dal valore che si da a questa festa. Io, per esempio, da piccola l'ho sempre visto come un momento in cui aspettarsi un regalo, poi, crescendo, di certo non l'ho mai considerato come una festa religiosa...ma un giorno diverso dagli altri, un giorno dove poter stare insieme alla mia famiglia, a ridere, litigare, guardare film trash, mangiare i cappelletti e la mostarda. Natale, alla fine, era questo. Un giorno...un giorno solo dove si sentiva un odore diverso dal solito. I vetri appannati in cucina, il profumo del brodo, le madonne che tirava mia nonna e la tavola apparecchiata...Di tutto questo non è rimasto più niente. Solo un presepe...immortale. Me lo ricordo da quando sono nata, e certe voci dicono che sia ancor più vecchio di me...e forse di mia mamma stessa. Compare in alcune foto di famiglia, di tanto in tanto. La cosa strana è che ha ancora voglia di suonare il suo carillon quando si gira l'abete sopra al tetto della capanna. Oltre a lui, più niente. E tutto è andato svanendo, piano piano, come se non me ne dovessi rendere conto, come se l'impatto, alla fine, potesse essere meno forte, meno traumatico. E invece no...purtroppo io ho i ricordi. Tavolate di cugine, zio, babbo...che poi sono andati scomparendo lasciando posti vuoti e poi rimpiazzati. Poi se ne è andata lei, la colonna portante, la sua linguaccia, i suoi occhiali e la maglia di pile. La nonna. Quella che teneva in piedi tutto. Crollata lei, tutto è andato a puttane. Cambiata location, cambiato cibo, posti che non si riempiranno più...E adesso neanche quelli. Tutto dimezzato, tutto andato. Domani sarà un giorno come un altro, davanti allo stesso camino di sempre, la tavola apparecchiata per quattro, un extra sulle portate, la mostarda non mancherà. Mia mamma piazzerà il cd di Bublè in sala a fare da colonna sonora a questo natale che forse neanche lei vorrebbe fosse così. Io penserò a mio padre che starà pranzando solo, al suo cane che non sta bene, alle cose che sarebbe stato bello dire e non si sono dette. Penserò a come sarebbe oggi se tutto fosse rimasto come trent'anni fa, se le cose non fossero cambiate. Penserò che rivoglio il Natale, la sua atmosfera. Penserò che l'unico modo per averlo sarà iniziare a farne uno mio...penserò ai Natali che verranno e magari saranno migliori, o non si festeggeranno neanche più. Penserò e basta. Tornerò a casa, berrò un bel bicchiere di acqua calda con limone e bicarbonato (che non sarà mai buono come quello che mi preparava la nonna) e mi metterò a fare qualcosa...dormire, forse. Leggere...mah. Guardare un film trash con la sorella. Natale...ogni anno sempre peggio, ogni anno rimane il giorno di riflessione per eccellenza. Il cambiamento della mia vita, il crescere, l'andare avanti. il segno del tempo che scorre e ci invecchia, ci muta, ci lascia ogni volta con un senso di angoscia e tristezza. 
E a te...a te che guarderai tutto da dove sei, dovunque tu sia, dedico questa...perché quando l'ascolto ti penso. Perché già non erano più i Natali di una volta..ma da quando non ci sei, non è più Natale. 


martedì 25 settembre 2012



Incontriamoci a metà
in quel bar con i tavolini di legno,
dove la radio è di quelle grandi,
antiche,
con le manopole marroni.
Incontriamoci lì,
sediamoci sulla panchina fuori,
quella dove il sole batte tutto il giorno.
Lasciamoci inondare dai suoi raggi caldi,
rimaniamo ad occhi chiusi.
Restiamo lì,
un'ora, due ore, una vita.
In silenzio,
senza parlare,
solo la mia mano nella tua.
Incontriamoci tra me e te.
Tra quello che sei e quello che sono,
in quello spazio che rimane tra noi,
quello dove ci si guarda
ma non ci si mischia.
Lasciamo che il tempo scorra,
non preoccupiamocene.
Rideremo quando vorremo ridere.
Dormiremo se saremo stanchi.
Balleremo un lento quando saremo tristi,
un pezzo rock quando saremo contenti.
Non avremo limiti
non faremo progetti
non avremo obblighi.
Incontriamoci lì,
a metà strada,
in quel bar che,
se cerchi bene,
esiste davvero.

(v.b.)

domenica 9 settembre 2012



Io sono questa, non c'è niente da fare. Sono così. Ci ho speso soldi e anni di terapia per capirlo e, soprattutto, per accettarlo...per accertarmi. Io sono così folle che quasi faccio il giro e divento normale. Io sono questo, lo sono sempre stata. E non posso cambiare, non devo cambiare. Io voglio solo continuare ad essere. E lo so che non sono la donna che molti si aspetterebbero di vedere, la donna di trent'anni con la testa sulle spalle e dei principi e solidi progetti per il futuro. Io non lo so. Non lo sono. Almeno non credo. C'è una parte di me che mi rende talmente incostante da fare quasi paura. Io sono questo...l'esatto opposto della costanza. L'esatto opposto dell'eleganza. L'esatto opposto della raffinatezza. Io non sono timida. Io ho la faccia come un portone e sì, lo so, sono volgare, alla grande, lo so bene di essere volgare. E non crediate che io non me ne renda conto. Lo so. Eppure non posso farci niente. Bevo birra a collo, fumo decine di sigarette. Mi vesto come una zingara e guardo tutti dall'alto verso il basso. La mia peggior consapevolezza e quella di essere nettamente migliore rispetto ad altra gente. Superba...sì, ditelo pure senza avere paura...io sono fottutamente superba. Sicura di me? No quello no...non penso proprio. Ma superba si. E anche vanitosa ogni tanto. Quando sono sola lo sono. Quando mi trovo in mezzo ad altre donne mi sento una delle peggior merde della specie femminile in circolazione. Sono pazza. Sono dannatamente pazza. Non riesco a tenere la mente ferma. Non riesco a non farla lavoro. Vivo di sogni e paranoie mentali. Io sono questo. Un cumulo di difetti che sarebbe più facile farci un falò anzichè cercare di risolverli. Io non ho equilibrio. Né mentale né fisico. E l'ho sempre detto, e non potrei neanche nasconderlo, volendo, perchè si nota che io non ho mai trovato il mio baricentro. Io cammino come una bulletta di terza superiore. E se non mi fosse rimasto almeno quel minimo di buon senso, probabilmente, girerei coi capelli verdi. Io sono una stronza. Una di quelle che se ti prende di mira te ne fa passare di tutti i colori..ma non per cattiveria, mi piace semplicemente fare i dispetti, così, in simpatia, con il sorriso sulle labbra. Ma non mi rendo conto che a volte può risultare fastidioso. Io...io mi perdo. Mi perdo dietro alle nuvole, ai tramonti, mi lascio incantare dal volo di una gazza ladra. Sono capace di mettermi le cuffie nelle orecchie e di isolarmi dal mondo esterno per ore. Io scelgo la solitudine. Finisco sempre per isolarmi. Dopo un po' non sono più in grado di sopportare la gente. Finisce che non la cerco più...e certo loro non si sprecano a cercarmi. Io...io parlo con i gatti, con i cani, coi conigli, coi maiali e con le mucche, e anche con cozze se è necessario. Sono nettamente convinta che gli animali abbiano una sensibilità maggiore rispetto agli esseri umani. E io tifo per loro. Io sono dalla loro parte. E non è facile, lo so, per chi mi sta vicino, so che non lo è. Io non mangio carne. Io non so cucinare. Io mi lascio mangiare dall'ozio e dalla pigrizia e se potessi non mi alzerei mai dal divano se non per andare al lavoro. Io sono onesta. Non nascondo niente di me. Ve lo scrivo qui, nero su bianco, come sono. Sono affettuosa solo quando mi va. Scappo quando non ne posso più. Un gatto. Faccio paura come può fare paura un gatto arrabbiato. Si temono i suoi sbuffi e si ha paura che sfoderi i suoi artigli. Io ho della rabbia dentro. Della rabbia lasciata inesplosa da chissà quanto tempo e chissà perché. E anche se non la vedo, io so che è lì. Cova sotto la cenere come un tumore che non si vede dalle ecografie. Io sono questo. Io sono tutto questo. E se pensate che siano pregi, bè, vi sbagliate. Io vorrei tanto essere diversa, l'ho sempre voluto. Mi sarebbe piaciuto essere una ragazza più fine, più simpatica, più tenera, e anche più romantica, chissà. Invece mi girano le palle per niente, se una persona mi fa un torto istintivamente taglio i ponti e chi si è visto si è visto. Ma la cosa peggiore è che se quella persona si rifà viva, io sono capace anche di perdonare. E questo non è giusto. E questo non va bene. O sono una difetto o sono un pregio. Non posso essere tutto, non ne sono capace, non ne sono in grado. Sono un gatto. Dio santo...sono un gatto. E se non ho le fattezze del gatto, credetemi, è solo perché mi hanno lasciato a disposizione solo questo corpo che non è neanche un granché. Io sono questo. Sono tutto questo. E se cercate di avvicinarmi io non garantisco niente. Non so come potrei prenderla. Potrei fare le fusa, potrei graffiare, potrei fuggire. Io sono un gatto...non sono ammaestrabile...decido io se voglio o non voglio restare. Decido io se voglio o non voglio soffrire. Io sono un gatto...e ne ho preso atto. 

sabato 1 settembre 2012

WE MEET WITH A GOODBYE KISS...

Io conservo. Io trattengo. Non so perchè, ma non ho mai imparato a lasciare andare, a perdere, a dimenticare. E' una cosa che ho dentro da quando sono piccola. Quello che riesco me lo porto dietro. Quello che non riesco me lo scrivo. Io ricordo i volti. Li ricordo tutti. Per quello ho una fottuta memoria fotografica. Ricordo, ricordo, ricordo...e non ci posso fare niente. Così mi ricordo anche di quello che succedeva quando ero una ragazzina, forse ancora una bambina. Era il lontano 1995...esattamente 17 anni fa. 17 anni...mamma mia, come corre in fretta il tempo...17 anni è già una bella fetta di vita. A me questa cosa del tempo, non so perchè, mi mette sempre un po' d'ansia. Quando ci penso, e guardo indietro, mi sembrano passati meno anni...e invece no, ne sono passati 17. Comunque, dicevamo, era il lontano 1995 e in quel periodo, in estate, andavo in campeggio con la parrocchia. Era una forma di socialità, diciamo, poi sono cresciuta e della parrocchia figurarsi se me n'è più fregato un cazzo! Ad ogni modo, in questo campeggio, in luglio del 1995 mi innamorai perdutamente per la seconda volta...oddio, forse anche la terza o la quarta...non ci vuol niente che fosse pure la quinta, ma in quel tempo, di sicuro, mi innamorai. Non ricordo bene come accadde, ricordo solo che una sera, un ragazzo di un altro gruppo, infilò un foglietto sotto la porta della stanza delle ragazze. Si chiamava Dido...e si vestiva da rapper, aveva un cappellino con la visiera girata all'indietro e pantaloni e camicioni larghissimi. Non ho mai capito se si fosse innamorato di me, certo è che io mi ero innamorata di lui. Succedeva così, come succedono le cose quando hai quell'età, la beata età dell'innocenza, dove tutto sembra bellissimo o dove tutto fa malissimo. Ricordo che in quell'unica settimana abbiamo litigato, ci siamo parlati a malapena, ci siamo lanciati sguardi, sorrisi e ci siamo lasciati biglietti sotto le fessure delle porte. Ma lui stava con una certa Sara e non la voleva tradire...appena quindicenne parlava già di tradimenti, per dire. E così, l'ultimo giorno, l'ho raggiunto nel boschetto dietro alla chiesa. Ci siamo seduti su una panchina di sasso e ci siamo salutati. L'ultimo e unico bacio...sulla guancia ovviamente. Poi lui è tornato a casa sua e io a casa mia. Come succede sempre nelle storie estive. E Faenza, allora, mi sembrava così lontana! E il fatto che lui avesse una ragazza era difficilissimo da mandare giù. Tutto tornò nella norma e nella quotidianità, ricominciò la scuola, mi innamorai di nuovo, non so quante volte, probabilmente un centinaio, iniziai le superiori e andavo avanti, crescendo. In quegli anni, di tanto in tanto, ci sentivamo, una telefonata, o da parte mia o da parte sua, giusto per chiederci come stavamo. E in quel tempo, 4 anni credo, io non ho mai smesso di pensarlo. E ci piangevo pure. Quando mi veniva in mente avevo una gran nostalgia e mi facevo dei gran pianti. Tanto che mia mamma, una domenica, mi ha caricata in macchina e mi ha portata a Faenza, proprio sotto casa sua, per andarlo a salutare...ma lui non c'era. Sono tornata a casa con un gran sconforto. Era il 1997...due anni dopo. Un trigliardo di amori in mezzo. E lui era ancora lì, nella mia testa. 1999, la mattina del 31 dicembre, mi chiama e mi dice che è in giro in moto dalle mie parti e mi viene a trovare. Ci vediamo davanti ad un bar vicino a casa mia, ci facciamo 10 minuti di chiacchiere e poi se ne va. Solo anni dopo scoprirò che quel giorno lui non doveva venire dalle mie parti, ma veniva dalle mie parti per vedere me. Che robe!
2001, con un sms mi dice che è diventato babbo. Io ormai ho dimenticato, ho lasciato andare, ho archiviato tutto. Altri amori e altri problemi hanno preso il suo posto, altri volti, altri baci, altro tutto. Gli dico che sono contenta per lui, cosa che è vera, e basta. Si chiude lì, perchè è giusto così, perchè non c'è davvero più niente da dire e forse non c'è mai stato niente. 
2011...facebook....facile digitare il suo nome e cognome, solo per curiosità, per vedere se è ancora uguale ad allora, se è invecchiato, se si è sposato, se suo figlio gli somiglia. E mi aggiunge ai suoi amici. Certa che abbia capito chi io sia, non gli ho mai detto chi ero e non ne abbiamo mai parlato. Ci si scriveva due commenti ogni tanto, così, en passant, perchè tanto non c'era da dire più niente. Qualche giorno fa, forse curioso o forse preoccupato di vedermi devastata sulla mia bacheca, inizia a scrivermi a chiedermi come sto. Finché non gli chiedo se ha capito chi sono io. Ci riflette un po', ci deve riflettere molto perché evidentemente io conservo tutto ma gli altri no...poi capisce. E mi dice che spesso è vicino a casa mia sulle piste da riders. Così oggi, ci siamo rivisti. Solo 17 anni fa, se me lo avessero detto, anche solo per farmi smettere di piangere, non ci avrei creduto. Oggi mi incammino per la stradina di ghiaia che porta al campo di montagnole di terra con una tranquillità e una pacatezza che mi stupisco di me stessa. Lui salta, la sua bici fa evoluzioni, e capisco da lontano che è lui. E' sempre lo stesso, sempre uguale, forse un capello bianco, forse più magro e pallido. Forse ha le occhiaie. Ma i suoi occhi sono sempre dello stesso azzurro di 17 anni fa. Non è l'emozione fortissima che avrei provato allora. Mi sento come se non avessimo mai smesso di incontrarci, anche per caso, in giro per strada. Eppure non ci conosciamo per niente. Gli anni, il tempo, l'esperienza, i dolori che ci hanno accompagnato a diventare da quei ragazzini che eravamo a degli adulti, ci hanno totalmente riformato il carattere. Io non so niente di lui. Lui non sa niente di me. Eppure mi raccoglie le giuggiole mela salendo su una scala e rischiando di rompersi il collo. Ridiamo. Forse ci sentiamo entrambi come se fossimo davvero tornati ad avere 13 e 15 anni. Forse per un momento abbiamo messo da parte tutto il marcio che abbiamo assorbito con il passare delle stagioni e ci siamo liberati dai noi di oggi per tornare, anche solo per poco, ai noi di ieri. Piccoli esserini che del mondo non sapevano ancora niente, che vivevano di sogni e illusioni, utopisti e irragionevoli. Le responsabilità fuori dalla porta, lo zaino pieno solo di panini, diari e fantasia. E i bigliettini che avevo riesumato per l'occasione ci hanno fatto ricordare tutto. E forse ci hanno lasciato un po' di amarezza. Si, ce l'hanno lasciata. La consapevolezza che si cresce, si va avanti, e lasciamo per strada pezzi di noi come fossero sassolini o molliche di pane. Basta solo un attimo per tornare indietro e riuscire a seguire la strada da dove eravamo partiti. 
ps: grazie per quelle due ore...non avevo mai visto dal vivo dei riders ed è molto emozionante. Prima o poi tornerò a vedervi. 

domenica 26 agosto 2012

Io spacco tutto. Da sempre. Quando ero piccola rompevo qualunque cosa mi capitasse sotto mano. Sono abituata a distruggere tutto. Ci sarà anche un motivo, mi chiedo. Un motivo per cui io non riesca ad andare avanti nelle cose. Un motivo per cui, una mattina, mi sveglio e non ci credo più. Perché? Perché questa voglia di farmi male a tutti i costi, questa necessità di rimanere sempre nello stesso punto e non andare avanti. Perché non ho il coraggio di rischiare? Cosa ci perdo, tanto, alla fine, se io comunque sto così. Sto messa così. Così tipo che ho passato tutta la domenica a macerarmi nel dolore, a lasciare che le lacrime mi bagnassero i capelli. A fumare quantità inenarrabili di sigarette. A leggere poesie struggenti, a ricordare. Ci vorrebbe un pulsantino ogni tanto. Un bel RESET attaccato vicino all'orecchio. Ripristina le impostazioni iniziali. Solo che io non lo so più quali siano le mie impostazioni iniziali. So solo che ho voluto fare una scelta. E mentre piangevo, mentre lui andava via, mi ha detto "guarda che non ti obbliga nessuno"...Dio...aveva ragione, cazzo! Che merda di scelta è quella di lasciare la persona che ami solo perchè non vedi un futuro? Ma come si fa, dico io, a prendere una decisione così idiota?! Fino a questa mattina era qui, proprio qui, accanto a me, su questo stesso letto...e adesso non c'è più. Ci siamo dati due giorni per abituarci all'idea. Due giorni in cui sapevamo che oggi sarebbe stato il nostro ultimo giorno. In quei due giorni ci siamo comportati come se nulla fosse. A parte qualche sclerata mia, pianti improvvisi. Dio come mi manchi. Mi manchi così tanto che non riesco a respirare. Ho scritto un post che fa schifo, non riesco a scrivere di meglio. Non riesco a mettere in prosa tutto il male che sento addosso in questo momento. So solo che sono una stupida. So solo che non sono paziente. So che non sono una che temporeggia. so che ti amo. Lo con una certezza che mi lacera dentro. So che l'amore dovrebbe aiutare a superare ogni ostacolo. Ma io non so saltare. Non ho mai imparato a farlo. Vorrei che mi aiutassi. Ho bisogno che ti mi aiuti a credere che ho sbagliato tutto. ho bisogno di sapere che non sarà così per sempre. Ho bisogno di sentire la tua voce, di vedere i tuoi occhi. Solo adesso mi rendo conto di quanto siano scontate le cose in una coppia. Il messaggio della stessa ora, la telefonata della buona notte, il week end passato insieme, per tutti i week end. Il fare la spesa, preparare da mangiare anche per te. vederti dormire. Sentirti sveglio mentre io mi addormento. Io non ce la faccio. Questa volta non so se terrò fede al non tornare indietro. L'ho fatto senza essere pronta. Ho deciso senza pensare. Eppure ho pensato. Ma come ho fatto a credere che lasciarsi fosse l'unica soluzione?! "Non ce l'ha ordinato nessuno, non siamo obbligati"...E' vero, non siamo obbligati. Ma perché l'ho fatto? Perchè ho deciso di guastarci? Come se avessi preso un bel vaso, pulito, spolverato, lucido, e lo avessi schiantato rovinosamente sulle mattonelle di cotto. A che pro? Con quale fottuta giustificazione ho fatto questo gesto idiota?! Mi odio. In questo momento mi odio così tanto che non riesco neanche a guardarmi allo specchio. Mi odio come se fossi una parte esterna a me. Io non sono più io, da un po'. E all'inizio ero contenta di stare bene, di essere un po' guarita, di essermi affacciata al mondo, di avere iniziato a fare cose che mi soddisfacevano e che mi facevano stare bene. Adesso no. Adesso maledico il giorno in cui ho iniziato a voler migliorare. Sarei dovuta rimanere com'ero. Vestita dai miei jeans larghi, con i miei capelli neri e lisci, la mia pelle bianca e l'ansia del mondo esterno. Se potessi tornare indietro resterei così. Non dovevo pretendere che tu mi seguissi. Dovevo solo stare ferma io.

domenica 5 agosto 2012

CASO COINCIDENZE DESTINO


Non esistono le coincidenze, non esiste il caso, non esiste il destino. Quello che molti di noi non sanno è che il nostro destino, il nostro caso, siamo noi stessi. C'è un momento, prima di andarcene da Casa, che programmiamo la nostra vita terrena. Immaginiamoci in questo Posto stupendo, senza rabbia, senza rancori, senza nulla di negativo che intacchi la nostra anima. Siamo felici, energici, pieni di luce e tranquillità. Pervasi da un senso di forza interiore che ci permette di sentirci in grado di superare ogni cosa. Bene. Siamo a Casa, dove tutto è possibile e dove ogni cosa è illuminata. Ma sappiamo anche che, per evolverci, abbiamo bisogno di esperienza, di sperimentare, di andare incontro a sofferenze, dolori, a tangibili sensazioni corporee. Così, quando ancora sappiamo di non essere pronti per raggiungere la consistenza astratta del nostro essere, stiliamo il programma della nostra prossima vita sulla terra. Mettiamo in ordine ogni cosa, i genitori, gli amici, i nostri scopi,  i nostri amori, i nostri momenti pessimi. Scegliamo noi di cosa soffrire, se farci venire qualche malattia, se fare figli e quanti farne, se essere buone persone o cattive persone. Scegliamo noi il nostro percorso, come essere fisicamente, se nascere poveri o nascere ricchi. Lo scegliamo in base a quello che dobbiamo ancora imparare. E mentre siamo lì, così positivi e belli pimpanti, non c'è niente che ci sembri così insormontabile e così invivibile come la vita. Quindi, magari, in certi casi esageriamo anche. Con noi, a verificare questo progetto, ci sono spiriti di altissimi livelli. Ci chiedono se vogliamo cambiare la busta, se vogliamo fare qualche modifica o se siamo sicuri sicuri di volerla accendere! La accendiamo!? Si, dai...la accendiamo. Sarò forte, ci diciamo, sarò forte e imparerò. Nel dubbio, però, in questo programma mettiamo anche un po' di vie di fuga, ovvero qualcosa che ci permetta di tornare a Casa quando proprio non ne possiamo più. Ma tutto quello che ci accade, dalla nostre nascita alla nostra morte, per quanto fatichiamo a crederci, è solo una nostra scelta. Le vie di fuga, però, possiamo decidere se prenderle o meno. Posso aver messo in piano un incidente stradale per restarci secca il tal giorno, alla tal ora, nel tal posto, mentre torno a casa dal lavoro, magari. Ma in quel momento cambio strada, il mio inconscio sa, e mi dice di fare un altro tragitto. Non era il momento di scappare, non era il momento di arrendersi. Ovviamente, come via di fuga, non è considerato il suicidio. Chi si toglie la vita non lo ha programmato, semplicemente non si sente più in grado di sostenere il suo programma. Quello che non sa, e che invece dovrebbe sapere, visto e considerato che se ci si ammazza è perchè la vita ci fa schifo, è che non passerà neanche un momento da Casa a farsi un nuovo programma, ma rinascerà subito, sotto altra forma, per continuare ad evolversi. Suicidarsi non vale. Il corpo è solo un involucro del nostro essere. E se si abbandona senza aver sistemato l'essere, quello ce lo si porta dietro così com'è, con tutte le sue lacune e i suoi dolori. Allora non lamentiamoci, allora cerchiamo di capire, ogni giorno, perchè abbiamo scelto questo, cosa dobbiamo imparare, cosa ci deve insegnare ogni sofferenza e ogni dolore. Perchè siamo qui?! Su quale punto ci dobbiamo concentrare?! Quando torneremo a casa, la prossima volta, la nostra vita appena vissuta ci verrà riproposta, Capiremo gli errori, capiremo dove avremo agito correttamente, capiremo gli insegnamenti che ne abbiamo ricavato. Capiremo che, la prossima volta, sarà diverso, che il nostro bagaglio di consapevolezza sarà più carico e meglio fornito. Prendiamo su tutto, sforziamoci e pensiamo alla brutta figura che faremo quando dovremo dire, una volta rinCasati, che non abbiamo assistito una persona sola, che non abbiamo dato da mangiare ad un cane affamato, che abbiamo girato le spalle ad un amico nel momento del bisogno, che abbiamo urlato con rabbia quando non era necessario. Non ci giudicheranno, è vero, ma personalmente mi sentirei un po' in imbarazzo a dover vedere come mi sono comportata in certe occasioni. E voglio capire tutto, voglio pensare che il tempo che mi rimane servirà a questo, a ricordarmi, la prossima volta, di essere migliore.

domenica 22 luglio 2012

growing up




Arriva un momento, prima o poi, nella vita, che ti rendi conto di avere oltrepassato la linea. Quella linea che divide l'età adolescenziale da quella adulta. Per molti arriva presto, troppo presto. Per altri arriva tardi, troppo tardi. Ma non è l'età a fare di una persona un adulto. Sono le esperienze, sono i dolori. Ieri ho superato quel confine. Ho visto mio padre steso a terra, come morto, con l'asfalto macchiato da gocce di sangue che gli uscivano da chissà dove. "Babbo, babbo!!! Dì qualcosa, ti prego!!"...ma lui non parlava. Sguardo fisso, assente, corpo immobile e irrigidito. Ho varcato la linea scoprendo davvero la paura. Non capivo più niente. Continuava solo a girarmi in testa una canzoncina che avevo cantato insieme alle mie cuginette fino a pochi minuti prima. Realizzavo che lui era lì, steso, come morto. E tutto quello che riuscivo a sentire era quella fottutissima canzone. E il bruciore, proprio lì, nel mio punto debole, il mio povero e usurato stomaco. Lacero ormai, dopo tanto pensare, dopo tanto patire, quell'organo è ancora capace di svolgere le sue funzioni...eppure non smette mai di dolere. E ieri sì, si è proprio fatto sentire. "Babbo, babbo!!! Mi senti?? Riesci a parlare? Dove ti fa male?!! Babbo!!!"...Si muove, solo un po'. Il sangue esce da un'escoriazione sulla faccia. Non reggo alla tensione, mi alzo da terra e lascio che siano gli altri ad occuparsene. Una cugina mi abbraccia e mi dice che se voglio posso sfogarmi. Ma non riesco a piangere. "Il giro della trottola, il salto del canguro, le ali dell'allodola, le mani contro il muro, il passo del cammello, il gambero che rema, il topo è pazzerello e l'elefante trema"...stramaledettissima canzone! Solo quella. Per il resto è il vuoto. Qualcuno mi parla, sento che hanno chiamato l'ambulanza, mi siedo e fumo una sigaretta. In quel momento non me ne rendo conto, ma sono diventata adulta in un attimo solo. E' bastato solo quel passo falso, quella perdita dei sensi, quel giramento di testa a farmi capire che io non sono più la figlia che viene raccolta se cade in bicicletta, che viene curata se ha un ginocchio sbucciato. Io sono la figlia che curerà il genitore da adesso in poi. Il gioco delle parti, lo scambio di ruoli. Eccolo, il fatidico momento. Eccolo, è proprio qui. E' salito su quell'ambulanza insieme al mio vecchio, insieme alle parole che a malapena riusciva a pronunciare. Eccolo, la piccola Vale se ne è andata così. Sopraffatta dalle responsabilità e dal senso del dovere...e da quello che si fa perchè non si può fare a meno di fare. Come si fa ad ignorare un genitore che soffre? E'' impossibile. E allora, quando me ne sono resa conto, era già troppo tardi. Me ne ero già andata.

venerdì 13 luglio 2012

ANIMALS'RE BETTER THAN UMANS

Fabio mi dice che sono troppo emotiva, che penso che gli animali patiscano e soffrano come degli esseri umani. In realtà non è così, in realtà io sono convinta che soffrano ancora di più! Gli animali, tutti i tipi di animali, sono anime pure, non contaminate da invidie, gelosie, cattiverie. Al massimo sono dominati dall'istinto, quello sì. Ma non farebbero mai del male a nessuno, altrimenti. L'uomo no. L'uomo è la peggior specie che esista sulla faccia della terra. Sarà che ne sento di ogni in questo periodo, sarà che ho preso coscienza, sarà che i Willy e la Melinda ogni giorno mi regalano una consapevolezza nuova. Sarà che non ne posso più di tutto lo schifo. A partire da Lennox, il cane ucciso in Irlanda perchè assomigliava ad un pittbull. A parte che non capisco perchè i pitbull siano banditi e vietati (non son loro i cattivi, ma chi li addestra!) e, soprattutto, perchè debbano essere soppressi. Ma poi perchè, un cane che non ha mai fatto niente a nessuno, che ha solo dato amore alla sua famiglia e alla sua padroncina disabile debba essere strappato alla vita, così...Io non ce la faccio. Non ho più lo stomaco per sopportare l'orrore che ogni giorno vedo attorno a me. Abbiamo reso tutto un disastro. Non solo ci ammazziamo tra di noi che, volendo, mi potrebbe pure andare bene, tanto facciamo tutti schifo e meritiamo di essere sterminati, ma ci permettiamo di fare fuori delle creature indifese, senza nessun motivo valido. E anche se fosse un motivo valido non lo sarebbe abbastanza per decidere della vita di un animale. A partire dal cibo. Insomma, io ci ho messo un po' , ma  un giorno mi sono decisa e da allora non mangio più carne. Neanche il pesce. Perchè i pesci sembra che non li difenda nessuno...chissà, il fatto che siano animali a sangue freddo forse ci fa meno impressione che mangiare un fetta di carne che prima era un tenero maialino rosa! Eppure, secondo me, hanno paura anche loro, tremano anche loro. Ah, se solo gli animali potessero parlare, se solo potessero dire! Ci sarebbe una gran terapia da fare per sistemar loro la psiche! Sterminiamoci, facciamoci questo favore. Togliamo questo odio, questa sete di vendetta, questa voglia di far del male gratuitamente. Sradichiamo il peggio che abbiamo in noi. Vorrei un mondo giusto, un mondo vero. Lo dico da sempre. Un mondo dove non esiste indifferenza, dove se vedi un gattino che zoppica sulla sponda di un fosso ti fermi e lo vai a raccogliere. Come vorrei poter creare un grande parco, con tante cucce, mangiare, acqua, coccole per tutti quegli esserini che vengono abbandonati al loro destino. Raccogliere il micino cieco, poter accogliere il cane maltrattato o lasciato morire su una strada il 15 di agosto. Il riccio scampato per un pelo alla ruota di una macchina ma con la zampina rotta. La mucca salvata dal macello, la pecora, l'agnello. Un gallo, una gallina, un cigno, una paperina. L'anatra senza ala, un rondine, un koala! Un cammello, un passero, un uccello. Un'aquila reale, i due leocorni! Tutti...vorrei potervi salvare tutti! E invece sono qui, vi guardo morire, a volte guarire, a qualcuno porto anche da mangiare...eppure so che non faccio abbastanza. Eppure so che niente sarà mai abbastanza

domenica 20 maggio 2012

CAMBIAMENTI....EVOLUZIONE O REGRESSIONE?


L'altro giorno, un mio amico mi ha detto che sono cambiata molto in questo periodo. Mi ha definita femminile. Non che si un'etichetta che mi porti dietro volentieri! Devo dire, che in questi trent'anni, mi ci è voluto un bel po' di lavoro per non sembrare femminile affatto. Non che volessi essere un uomo, ma il mio era una specie di esperimento per far capire che, femminile o meno, una donna sono...e non sono i vestiti o le scarpe a fare differenza. E, come si può evincere, ho vinto io. Gli uomini mi sono comunque venuti a cercare!  :) La femminilità è un fatto interiore. Almeno credo. Non ci ho mai capito molto. Però questo mio amico, di certo, un po' di ragione ce l'ha. Sono effettivamente cambiata. In male o in bene? bo, sarà il tempo a darci una risposta. So solo che, senza che io facessi nulla, mi si sono allungate le unghie. So che mi sono data anche qualche passata di smalto...viola, ma sempre smalto. So che ho iniziato a portare gli orecchini, piccoli piccoli, ma sempre orecchini. Ho comprato scarpe col tacco che, stranamente, non sono rimaste nell'armadio, ma ogni tanto le porto. Ho iniziato a farmi la tinta ai capelli dalla parrucchiera una volta ogni due mesi...prima la facevo in casa e se ne avevo voglia. Ieri mi sono comprata due e dico due vestiti per questa estate...io!!! un vestito!! ma vi rendete conto?! Che poi, visto che ero lì, ho messo nel mio bel carrello virtuale (perchè lo shopping lo faccio ancora in rete) anche un costume...erano anni che non mi compravo un costume! Non so neanche dove sia andato a finire l'ultimo che avevo preso! E così ho pensato che quest'estate scoprirò le mie gambe, che mi metterò il mio vestito e che ogni tanto andrò anche al mare. E se non ci andrò pazienza...basta il pensiero! Come la questione dell'Irlanda. Volevo andare in Irlanda. Ma proprio di cuore. Ne avevo un bisogno indescrivibile. Piano piano e scemato...ma c'è stato. Questa voglia di vita mi spaventa. Come quando ieri, dal nulla, mi è saltata sul la voglia di andare alla festa al Castello che si fa ogni estate...per un po' di venerdì. E io ci voglio andare. Ci devo andare. Sento che bisogna andare. Che ho trent'anni e non posso marcire su un divano. Non solo non posso...non voglio! Ecco...sarà merito della mia cura per mettere a posto i neuroni, sarà l'età, quella in cui arrivi e ti chiedi se sei spacciata o meno. Sarà che qualcosa devo fare per sentire che esisto anche io...e per farlo sapere agli altri. Ho speso la mia vita cercando di essere sempre diversa, di staccarmi dalla massa. Snobbavo ogni cosa che fosse in...io volevo essere out out out e ancora out! Più out di tutti gli out! Ma adesso, in o non in, out o non out, me ne sbatto largamente i maroni. Io sono io. Faccio quello che mi va, se mi va. E se mi andrà vorrà dire che va bene. Si, va bene.

domenica 29 aprile 2012

RICOMINCIAMO…O, ALMENO, CI PROVIAMO

Eccoci qua, in un nuovo blog, con un colore nuovo di capelli pronti per una nuova vita. Non è vero che sono pronta per una nuova vita, in realtà non credo che ci sia molto di diverso rispetto ai capelli e alla mia nuova casa multimediale. Semplicemente continuo ad esistere, come sempre, come prima. Un po’ meglio, però. Sono caduta nel baratro degli psicofarmaci, quelli forti. Non ne potevo più. Dopo dodici anni di patimenti, e crisi e un cazzo e l’altro, ho deciso che o così o finivo con una corda al collo. E allora eccomi qui, pronta almeno ad andare avanti, con gli effetti abbastanza positivi della paroxetina, se non altro. Eccomi qui. Dopo 12 anni ho tolto il lutto. Non so perchè questa coincidenza, ma dodici anni fa cominciavo a stare male e sempre dodici anni fa tingevo i miei capelli biondi facendoli diventare neri. Neri come mi sentivo dentro, come quel vortice senza fondo che mi mangiava l’anima. Neri…come la tristezza e la sofferenza che pativo e non mi faceva respirare. Neri. Punto. Come se fosse morto qualcuno, come se io fossi morta e mi stessi celebrando. Andati. Quei capelli neri non ci sono più. Al loro posto c’è un bel colore rosso scuro…scuro, si..ma rosso. E mi guardo allo specchio e mi vedo un po’ più lucente, come se insieme al nero dei capelli se ne fosse andato anche un po’ del nero dentro. Via. Andiamo avanti. E siccome è anno bisesto, e anno bisesto anno funesto, e ogni anno bisesto io ho l’abitudine di fare del casino, tipo lasciare qualcuno o innamorarmi di qualcuno, ho deciso che quest’anno farò una sola grande pazzia…cercherò di innamorarmi di me stessa. Speriamo che questi capelli nuovi e questo blog nuovo siano di buon auspicio. 


Piano piano prenderemo forma…troveremo una bella foto da mettere, troveremo un bel template e diventeremo un po’ meglio, via. Si, dai…piano piano. Non ci corre dietro nessuno. 



domenica 22 aprile 2012

SULLA VITA...E ALTRE SCIOCCHEZZE

E' che è così, non ci si può far niente. La vita è questo ingarbugliarsi di cose belle e di cose brutte. Ci sono i momenti buoni, quelli meno buoni, quelli pessimi e quelli in cui ti sembra di aver toccato il fondo. E' la sua prerogativa. La vita non può essere o tutta nera o tutta bianca. Lo abbiamo capito da sempre, dal momento in cui siamo nati. Da quando abbiamo emesso il primo vagito, da quando abbiamo succhiato il primo sorso di latte, dal nostro primo sorriso. Alti e bassi, bassi e alti. Più bassi che alti, pensiamo a volte. Forse solo perché tentiamo sempre a ricordarci i brutti momenti e ad accantonare quelli migliori. E' l'indole umana, suppongo, il compiangersi. Eppure, se ci pensiamo bene, c'è un attimo, quell'attimo in cui, ogni tanto, tutto sembra in ordine. Una giornata di sole, il profumo di un fiore appena sbocciato, un gabbiano che spiega le ali e macchia il cielo limpido. Il colore rosa delle nuvole al tramonto che contrasta con le fronde verdi degli alberi appena rinati. L'attimo. L'attimo di pace interiore. Come quando sul nostro percorso incontriamo persone. Le persone che fanno la differenza. Sono quelle che ci insegnano qualcosa, che ci fanno stare bene, magari solo un po', quel poco che però, se ci pensiamo, vale giusto la pena per ringraziare di essere in vita. Sono le comparse. Coloro che appaiono come inutili personaggi nel nostro film, quelli che hanno poche battute, che hanno poca rilevanza all'interno della nostra storia. Sembrano, ma non lo sono. Sono proprio loro che, invece, fanno la differenza, che quando sulla nostra bobina comparirà la parola "fine", avranno dato la morale al nostro copione. Capita spesso di inciampare in loro, e la maggior parte delle volte non ce ne accorgiamo. Avvertiamo la loro presenza, ma ce le lasciamo sfuggire senza capire. Sono quelli che raccontano, che si svelano, che aprono a noi le proprie debolezze e le esternano. Sono quelli che hanno provato un dolore profondo, che lo provano ancora, dolore che magari ha un motivo preciso, o che a volte non ne ha. Sono quelli che ci danno una dritta, che senza saperlo o senza volerlo, ci danno una risposta in più, un piccolo tassello da aggiungere al nostro puzzle. Io le chiamo le anime affini. Quelle anime che ti trovano per caso, che sanno che cos'hai dentro e anche se non lo sanno o non lo capiscono fino infondo, lo possono intuire. Ne ho visti tanti, per mia fortuna. C'è quella donna che ne ha passate di tutte, tra il padre ubriaco, la madre depressa, i sacrifici fatti per crescere e diventare grande. Quella donna che ti dice che se non avesse avuto fede probabilmente non sarebbe qui. Massimo rispetto. Io non ho fede...non nel senso religioso del termine, almeno. Eppure il suo sorriso dopo tanto patire mi ricorda che non bisogna mai mollare. C'è l'altra donna, quella coi capelli ricci, magra magra, che ha ormai cinquant'anni che non dimostra, e che si sente sola, che mangia cioccolato, che aveva un marito e poi non l'aveva più, che adesso vorrebbe un compagno e che non esce la sera. La vedo simile a me. Anche se abbiamo vent'anni di differenza. Mi dice che io ho ancora una possibilità, ma che lei non ce l'ha più. Non è vero...la vita è piena di sorprese. Lo so...almeno, me lo auguro. C'è quel ragazzo coi capelli un po' lunghi, che quando era bambino si è posto la domanda "ma cosa ci faccio io qui?"...una mente superiore, una sensibilità che lo ha fatto diventare una persona stupenda, di quelle persone che starei sempre ad abbracciare, per quanto mi riguarda. Lui, con la sua risata, dopo aver tanto sofferto, e nonostante il male che si porta ancora dentro, mi convince che si deve continuare, che si deve perchè uno straccio di motivo ci sarà a questa vita! Ci sono gli amici, quelli che incontri nel loro negozio di libri, dove le pagine profumano, dove la luce ti fa stare bene. Quegli amici che ti conoscono da poco ma che ti trattano come se foste cresciuti insieme. Che ti coccolano, ti abbracciano e ti dicono che sono contenti di vederti sorridere. Ecco...questa è la vita. Fatta di queste cose che ti riempiono l'anima, che ti gonfiano di ottimismo e speranza. Che ti fanno capire che oltre il muro di schifo che questa società ci propina, c'è ancora chi è capace di voler bene, di amare, di amarsi, di fare in modo che le cose cambino, che il tuo mondo cambi.

domenica 11 marzo 2012

E FINALMENTE RICOMINCIAI A RESPIRARE....

 

 

Si, è vero...è brutto dire che i medicinali fanno miracoli. Anzi, è bruttissimo. Come è brutto dire che si sta bene solo ci si imbottisce di sostanze chimiche. Sarà pure brutto, ma io adesso sto bene. Mi fa un po' paura scriverlo, perché è un po' impressionante, dopo dodici anni, rendersi conto che esisteva qualcosa di diverso del male che bruciava dentro. E mi fa paura anche perché c'è sempre questa sensazione che possa essere solo una cosa passeggera...della serie "diciamolo piano". Ma io non riesco a dirlo piano...io ho bisogno di urlare che sto tornando alla vita, ho bisogno di gridare con tutta la voce che ho dentro che sto bene!! STO BENE, CAZZO!!! Sto così bene che ho ripreso a fare un sacco di cose, che sto riempiendo la mia vita di impegni. Che mi sono rimessa in gioco, che ho ripreso a cantare, che mi sono messa a leggere libri in pubblico, che tra poco avrò il saggio di teatro, che vado in giro per mostre, che a giugno voglio andare in Irlanda, che non mi preoccupa l'aereo, che non mi interessano più le distanze! Sto bene! E avevo voglia io a fare della psicoterapia, per cinque fottuti anni ho provato a stare meglio così...non era servito a niente! e allora cosa dire?! Mi viene da dire che la mia non sia una questione di psiche, quanto più una questione fisica. Magari sono due neuroni che toccano, magari il mio cervello va in tilt. Se fosse solo un problema mentale, non stare bene adesso. Le medicine non farebbero niente. E invece fanno. E allora mi godo il mio momento, me lo godo e lo sfrutto. Avevo bisogno di tornare a respirare, di godermi il sole delle 7 di una domenica mattina di quasi primavera senza farmi prendere dall'angoscia. Di andare. Avevo bisogno di andare, di fare respiri profondi e di guardare avanti, di andare oltre. Prima non riuscivo. Non era nelle mie possibilità. Oggi si. Oggi apro la finestra e non ho voglia di buttarmi di sotto. Oggi apro la finestra, sorrido e respiro.

domenica 12 febbraio 2012

Della neve...e dei trenta

 



Nevica. Nevica disordinatamente da più di una settimana. Nevica di vento, nevica forte, nevica piano, smette di nevicare, ricomincia a nevicare. Nevica. E a me la neve piace, perchè mi fa ricordare che sono ancora una bambina adulta. Mi piace la neve, mi piace tanto. Ovatta le cose, i rumori, imbianca le case. Come se fosse un silenziatore a questo mondo cupo e orrendo. Ovatta le anime. Che con la neve, secondo me, le persone diventano più buone...o un po' meno peggiori. Mi piace la neve. Mi piace perchè mi ricorda di andare piano, di vivere lentamente, respirando un po' di più. La pioggia, per esempio, non mi piace, mi agita. Ma la neve...la neve mi fa sentire bene. Anche se, diciamoci la verità, dopo dieci giorni è diventata anche un po' una trinciatura di palle, via. E io sono qui, davanti alla finestra, che la guardo cadere e intanto penso...penso che tra una settimana avrò ufficialmente 30 fottutissimi anni, che la soglia degli -enti è passata definitivamente. Ma io, mi chiedo, sono davvero in grado di portarli sulle spalle questi anni importanti? Sono così tanti come sembrano? Mi viene un po' il panico a pensarci. Cosa si deve fare a questa età? Continuo ad essere com'ero? Mi devo dare una svegliata? Devo muovermi? A fare cosa? Devo togliermi le scarpe sportive e portare scarpe tacco 12? Devo spogliarmi di jeans e felpe e iniziare a vestire pantaloni eleganti, gonne, tailleur?!...Devo truccarmi un po' di più? Devo mettere su la famosa testa!? Io non ho voglia di compiere trent'anni. Ne farei volentieri a meno, lo eviterei caldamente. Ma è inevitabile. I miei ultimi sette giorni da non trentenne. E tra una settimana mi sveglierò e avrò passato il muro, il mezzo del cammin di nostra vita (non intendo vivere ancora per molto...altri trent'anni direi che possono essere più che sufficienti). Io voglio andare in mezzo ad un campo pieno di neve, rotolarmici in mezzo, affondare dentro, mangiare la mia bianca amica fino ad esserne completamente sazia. Voglio continuare ad essere io, non voglio convenzioni, non voglio pressioni. Rivoglio i miei enti...anche i miei diciotto, possibilmente. Crescere non è mai stato facile, lo hanno sempre detto. Io non voglio farlo. Voglio fermarmi qui. Alla settimana prima. A quando ancora potevo pensare che non c'era nessuna fretta.