Quei quadri sono appesi alla pareti della nostra casa da quando sono nata. Me li ricordo da sempre, perchè da sempre ci sono. Quando abitavamo in campagna e io ero poco più di una bimba, fantasticavo su quei quadri. Sapete, risultavano e risultano tutt'oggi un po' inquietanti, un po' pesanti. Danno quella sensazione di casa anni '70 tipica del periodo del mezzo punto. Hanno colori scuri, cupi, e i visi dei protagonisti sono tristi e sofferenti. Uno è "Le spigolatrici" di Millet. Non che lo abbia fatto Millet, ma la stampa è di un suo quadro.
E' così tangibile la fatica del lavoro che non mi ha mai messo serenità a guardarlo. E mi sedevo sul divano, mi immaginavo le conversazioni delle tre donne, i loro pensieri. E mi agitavo. Quel quadro è bello, davvero. Ma se lo guardi un giorno ad una mostra, non se lo guardi per 30 anni!
Un altro quadro è "l'angelus" sempre di Millet. E qui mi sono sbizzarrita parecchio a suo tempo.
Il signore sulla sinistra, quello col cappello in mano, assomigliava tantissimo a mio zio. Per anni sono andata chiedendomi come mai mio zio fosse in un quadro. Tanto più che mio zio faceva proprio il contadino, e il filo legava proprio tutto. Forse ancora oggi me lo chiedo...e comunque è lui, non ci sono dubbi.
Un altro, invece, è un quadro che io non conosco, per mia personale ignoranza artistica, suppongo. Rappresenta un bel giovanotto biondo che attira verso di sè quella che pare essere una cameriera nella cucina del suo palazzo. E qui, di spazio per la mia fantasia, vi dirò che ne ho avuto.
Poi c'è l'ultimo, la fatica definitiva di mia mamma. Un vaso di fiori. Un quadro che solo a vederlo da la sensazione di pesare più di me. Le regalarono la tela per il suo matrimonio, lo iniziò e poi lo lasciò a metà. Avevo 8 anni quando lo riprese in mano. Mio padre le costruì un telaio per poterlo tenere steso e lavorare meglio. E io, seduta accanto a lei sul divano, infilzavo con l'ago dalla punta arrotondata il naso di uno dei sette nani. Forse Mammolo. Si metteva sulla sedia, la sera, dopo aver finito di lavare i piatti e sistemato in cucina. Accendeva la tv e faceva punto croce. C'è da perderci gli occhi, lo sapevate?! E' che questa cosa del punto croce ha una storia che si tramanda di madre in figlia. Mia nonna era un'appassionata di punto croce, nel suo salotto, in camera sua e in quella di mio nonno, ci sono ancora le diottrie perse dei suoi poveri occhi. Mia madre, mia zia...una famiglia di ricamatrici. Io ci ho provato. Non che non ne sia capace, anzi, è molto semplice, ma ci vuole tempo, ci vuole pazienza. L'anno scorso mi sentivo abbastanza pronta per fare un quadro di quelli grandi, me lo volevo far regalare per il compleanno...sapete che costano un occhio della testa? Per fortuna non ne hanno trovato uno adatto a me. Tutte immagini sacre, madonne col bambino varie...e così ho lasciato perdere. Decisamente meglio.
Oggi entro in questa stanza e penso che quei quadri li vorrei togliere. Sostituire con degli ingrandimenti di foto che ho fatto io e mi piacciono. A volte le tradizioni di famiglia qualcuno le deve spezzare e dare forma a nuove tradizioni. Magari, da adesso in poi, vista la mia passione e quella di mia sorella per la fotografia, le nostre discendenti non useranno più un ago e del cotone, magari useranno il flash e l'obiettivo. Forse da oggi la tradizione cambia musica. E essere l'inizio di una nuova era, mi fa sentire bene.
ps: quando dirò a mia madre che vorrei togliere quei quadri tristi dalle mie pareti, verrà giù il mondo...ma non mollerò.
che mi hai fatto ricordare ..! io fantasticavo sempre sui quadri di casa dei nonni..mi sembravano inquietanti,severi...poi alcuni di quelli sono arrivati sui muri di casa mia,e ne ho riscoperto la bellezza .
RispondiEliminaIn ogni caso , io sono sempre per le fotografie ! Forse perchè non so dipingere
ciao vale
tigrotta: manco io so dipingere, sono sempre stata negata...ma il mezzo punto lo so fare, almeno!! :)...io da piccola mi facevo dei viaggioni su quei quadri che non puoi immaginarti!!
RispondiElimina