Non amo fare i bilanci. Bilanciare vuol dire mettere su due
piatti diversi cose buone e cose brutte. Se dovessi fare un bilancio, vorrebbe
dire che dovrei tirare fuori anche le cose che di questo anno non mi sono piaciute.
E non ne ho voglia. In realtà le ho messe in un cassetto, perché non mi piace
buttare nulla, conservo sempre tutto. Questo non vuol dire, però, che non mi
abbiano insegnato qualcosa. Quindi ecco…parlerò di quello che ho imparato, nel
bene o nel male. Di quello che ogni esperienza, negativa o positiva che sia, mi
ha lasciato, qualcosa, una traccia, un ennesimo bigliettino della caccia al
tesoro che ci offre la vita. Ma che cos’è questo tesoro? E’ un obiettivo che ci
poniamo? Un programma che ci diamo? Un’ambizione, un punto di arrivo? Quello
che ho imparato da questo anno che sta finendo, è proprio che non ho nessuna
intenzione di cercare niente, di darmi una meta, un limite, un “sono riuscita”.
Il bello di questa vita è che non si smette davvero mai di trovare stimoli,
cose nuove, persone nuove. La vita è evoluzione. Non voglio arrivare da qualche
parte e non ci voglio arrivare in uno stato preciso…voglio solo andare, seguire
la strada che più mi piace e continuare su quella finché non ne incrocerò una
migliore, più appagante, temporaneamente. La vita è tempo. E’ tempo che passa e
non lo stringi più, scivola come l’acqua di una sorgente. Sorge. Ogni giorno. E
si rinnova, continuamente. Voglio un obiettivo solo se mi serve per la macchina
fotografica. Tutto il resto è pretesa che non mi interessa avere. Tengo quello
che ho e mi piace. Lascio quello che ho e non mi piace. Questo. Ho imparato
questo. Ho imparato che non è vero “Mai una gioia”…come ho ripetuto tante
volte, scherzando, in questi mesi. Mai una gioia? Penso che la vita sia fatta
di gioie ogni giorno…dall’alzarsi dal letto, scoprire che abbiamo ancora
quattro arti funzionanti, che respiriamo. Il caffè che ti scorre bollente giù
nell’esofago, fino allo stomaco e ti sveglia all’alba. I passi che camminiamo
per arrivare alla macchina, quelli dalla macchina all’ufficio, i gatti, le
persone che incontriamo lungo il tragitto. Un necrologio dove ancora, grazie al
cielo, il nostro nome non c’è! Una gioia…ogni giorno. Mille e mille
piccolissime gioie di cui non ci rendiamo conto che affollano le nostre ore, i
nostri attimi. Momenti così minuscoli che non riusciamo neanche a percepire. Ho
imparato a concentrarmi su quelli. Sul sorriso che mi rivolge un bimbo che
passa tenendo la mano a suo nonno, le canzoni cantate a squarciagola in
macchina da sola o con gli amici. I luoghi. Dio…i luoghi. Ogni prato che ho
calpestato, ogni pietra che ho toccato, fosse anche di un palazzo in
costruzione. I corridoi dei castelli. La nebbia fittissima al mattino che poi
diventava solo foschia e il sole inizia a far brillare la brina. Il freddo che
ti punge le ossa. Il sole che ti brucia la pelle. I chilometri nel nulla. I
chilometri in centri abitati. Le bestemmie alle 8 di mattina per il vecchietto
davanti a me che fa i 20…e poi ridere di quanto sono stronza. Parlare da sola.
Parlare con me come se fosse un’altra persona a farmi ragionare, a darmi
consigli…che comunque non ascolto. La voglia di piangere e non riuscire a farlo
perché in realtà non ne ho motivo. Le colazioni della domenica alle 9.30 che ti
chiedi che diavolo di colpa devi espiare per alzarti così presto in un giorno
di festa…ma sai che c’è un piacere più grande oltre alla pasta e al cappuccio
ed è il motivo per cui lo fai. Le risate a teatro. Le persone nuove incontrate.
Da ognuna di queste ho imparato qualcosa. Mai una gioia? Mille piccole gioie…ogni
giorno. In messaggio che volevo arrivasse e non è arrivato, mille gioie nel
saperlo perso per sempre, nel rendermi conto che queste piccole gioie di ogni
giorno io non le avrei mica avute se lui ci fosse stato. E me le prendo tutte.
Mi prendo i miei amici maschi. Ho imparato che l’amicizia, pura, semplice,
senza sesso (ahem…non sempre…) può esistere tra un uomo e una donna. E io ho i
miei amici maschi. Tanti amici maschi che, a modo loro, di certo mi vogliono
più bene di quanto lui non avrebbe fatto. Io mi sarei persa tutto questo.
Capite? Io avrei rinunciato a giorni di fotografie in giro per l’Italia, a
serate infrasettimanali di cinema semi vuoti. A pizze. A notti passate a
leggere. A pomeriggi passati a dormire. A panini del Panino Loco. A concerti. A
pomeriggi in piscina. A sogni. Quindi no…mai una gioia? No. Non è verso, sarei
falsa se dicessi che non ho avuto una gioia. E’ il peso che diamo alla felicità
che ne cambia la prospettiva. E’ sapere che a puntare troppo in alto si finisce
per cadere. Io non voglio puntare. Non mi interessa. Cammino. Continuo. Cerco
di arrabbiarmi meno, cerco di fare del
mondo un posto migliore partendo dai piccoli gesti, da una gentilezza che non
mi spetta, ma che neanche mi pesa. Cerco di vivere a costo zero (Zalando e
Amazon non c’entrano in questo caso!)…a costo zero di ansia, intendo, a costo
zero di rabbia, di astio, di cattiveria. Ho detto cerco. Non ho detto riesco.
Ci provo. Cerco di pensare che sorridere faccia meno male di gridare. Che
piangere faccia bene se è un’emozione che preme a chiedercelo. Che parlare sia
una delle più belle terapie di questo mondo. Che la pace si trovi in se stessi
e non altrove. Che il silenzio è fondamentale. Che le voci fanno la differenza.
Che in questo posto esistono persone bellissime…e molte di queste sono capitate
a me.
Questo è quello che ho imparato da questo anno. Dal 2016 ho
imparato il significato della parola “Serenità”.