Photo: "Valentina Violetvintage"...che poi sarei io
Guardo il sorriso di Michele, alla fine del suo concerto. In realtà non è solo un concerto. E' uno spettacolo con tutti i crismi. Saluta. Salta. Dopo oltre due ore, questo ragazzo che dentro, dite quello che volete, ha ancora 15 anni, salta e corre come un capretto. Michele. Sono sotto il palco e mi sono goduta ogni parola, ogni smorfia...tutto. Mi guarda. E vedo in quegli occhi qualcosa che vorrei vedere negli occhi di tutte le persone che incontro ogni giorno. La purezza. Prima di tirare le tende, si gira verso il pubblico. E lo vedo. Vedo la soddisfazione che gli sprizza fuori da ogni riccio. Non è la soddisfazione del solito cantantello borioso e sboroncello. Non è quel tipo di soddisfazione da "Guarda sti stronzi...sono tutti in delirio per me!". La soddisfazione di Michele gli si legge proprio negli occhi, ed è una soddisfazione quasi primordiale. Sembra che con quel sorriso voglia dire "Grazie...grazie al cielo qualcuno mi ha capito!". Michele, secondo me, ha una missione nella vita. Smuovere le coscienze. Se oggi mi chiedessero come ti immagini Gesu Cristo, vi direi che me lo immagino così. Un messia del terzo secolo. Alt. Fermi...non pensate che abbia intenzione di fare paragoni religiosi...nè, tanto meno, divinizzare Capa. Pensate alle cose che sapete meno di quello che vi hanno dipinto di Cristo. Pensatelo come una persona nato da una madre come tutte le altre, un padre come tutti gli altri. Pensate a questo bambino un po' fuori dal comune. Mettetelo in un contesto sociale dove la priorità è l'apparenza. Mettiamo che fosse un bambino anche un po' bruttino, via. Lui aveva qualcosa che gli bruciava dentro, un qualcosa che lo distraeva dal resto. Chissà, forse qualche volta ha anche provato a conformarsi, a mettersi maschere, a giocare con gli altri. Ma si è rifugiato nel suo angolo e nelle incomprensioni di un mondo che non riusciva a farsi piacere. Neanche oggi questo mondo gli piace, ma ha trovato persone che, come lui, vorrebbero cambiarlo. Michele ha una missione. E forse non lo sa. Quello che fa è quello che sa fare. E' il suo sfogo, il suo dipinto, il suo olio su tela. E' l'urlo. E' il salto. Sa che per portare un messaggio, oggi, non può andare a predicare da nessuna parte. Sa che il palco è il suo pulpito. Ci si è ritrovato. E visto che c'era ha iniziato a giocarci un po'. Ha iniziato a prenderci gusto. Ha capito che più avrebbe giocato, più persone lo avrebbero seguito. Alt. Non vorrei che si pensasse che questo Capa sia uno di quei lestofanti che vogliono ingannare e portare le persone ad uno stato di dipendenza (anche se, per quanto mi riguarda, benchè io non abbia mai avuto occasione di provarla, sono certa che mi faccia più effetto lui di una sniffata di cocaina!). E' la sua dote. Lui sa. E lui sa che è giusto che quello che sa venga esposto a più pubblico possibile. Lui sa che sapere, conoscere, informare, sono le basi fondamentali di una società sana. CAPAREZZA MI PIACE PERCHE' E' TROPPO POLITICO. Non vedo perché non dovrebbe esserlo. Eppure so perfettamente che non si candiderebbe mai da nessuna parte. Lui non si schiera. Parla per coscienza, per logica, per quello che dovrebbe essere normale in una società normale! CONTRO tutto quello che non è obiettivamente umano. Ecco la sua soddisfazione. Lui sa quello che ha raccontato. Vedere tutte quelle persone sotto il suo palco e sogghignare non è certo per lui un motivo di vanto personale. Michele sa che quello di cui parla può aiutare a cambiare la visione delle persone nei confronti delle altre persone. Non viene osannato. Viene compreso. E' molto diverso. E ho quasi le lacrime agli occhi quando canta della sua terra. E così mi viene voglia di andare a vedere la Puglia...che non ci sono mai stata. E ho dolore quando so che ci sono milioni di Eroi e ho rabbia quando so che per molti non è vero che non esistono Razze. Mi coloro mentre canta Mica Van Gogh, mi coloro coi colori opachi della nostalgia di tempi in cui non esistevano tastiere, chat, telefoni e la propria arte era davvero arte, dettata da un malessere interiore, dal bisogno di esternare un peso enorme che continuava a tenerti ancorato a terra. Oggi Michele salta. Ho paura che se non avesse iniziato a cantare, se non avesse capito che scrivere sarebbe stata la sua salvezza, si sarebbe già impiccato da un po'. Non per codardia...ma per nausea verso ciò che con lui non aveva niente a che fare. Michele salta. Salta tanto...davvero molto. Che io, per dire, ero già stanca dopo aver cantato metà di una sua canzone, ferma, attaccata alla transenna. Lui no. Ha ancora così tanto da dire che non riesce a stare fermo. Preso, forse, da uno spasmo di non avere tutto il tempo del mondo per poterlo fare. Michele salta. Ride. Saluta. Io piango un po'...non perchè è Michele. Piango perchè vorrei che tutti fossero un po' Michele. Vorrei che tante parti di Michele si sperdessero nell'aria. La gente, "tutta questa bella gente", respirerebbe piccole cellule di Michele e potremmo iniziare a vivere in un contesto più giusto. Alt...mica sto paragonando il Capa a Polly Anna, eh, sia chiaro. E' un buono...ma non un coglione. E' una di quelle persone che mi piacerebbe avere come amiche. Sa. Lui sa. Lui sa che tutti dobbiamo sapere. Michele salta. Io piango. Michele sorride. Io gli mando un bacio (manco fosse un Beatle, per dire!)....ma è un bacio di comprensione. Una strizzata d'occhio. Una pacca sulla spalla. Un modo per dirgli "Michele, grazie. Ho capito. Ti ho capito. Finalmente non sei più un ragazzino solo." Michele ride. Io rido. Il palco si spegne, qualcuno resta per gli autografi e le foto, qualcuno se ne va. Io me ne vado. Resta dentro come una bomba ad orologeria....e prima o poi esploderà.
Nessun commento:
Posta un commento