martedì 25 settembre 2012



Incontriamoci a metà
in quel bar con i tavolini di legno,
dove la radio è di quelle grandi,
antiche,
con le manopole marroni.
Incontriamoci lì,
sediamoci sulla panchina fuori,
quella dove il sole batte tutto il giorno.
Lasciamoci inondare dai suoi raggi caldi,
rimaniamo ad occhi chiusi.
Restiamo lì,
un'ora, due ore, una vita.
In silenzio,
senza parlare,
solo la mia mano nella tua.
Incontriamoci tra me e te.
Tra quello che sei e quello che sono,
in quello spazio che rimane tra noi,
quello dove ci si guarda
ma non ci si mischia.
Lasciamo che il tempo scorra,
non preoccupiamocene.
Rideremo quando vorremo ridere.
Dormiremo se saremo stanchi.
Balleremo un lento quando saremo tristi,
un pezzo rock quando saremo contenti.
Non avremo limiti
non faremo progetti
non avremo obblighi.
Incontriamoci lì,
a metà strada,
in quel bar che,
se cerchi bene,
esiste davvero.

(v.b.)

domenica 9 settembre 2012



Io sono questa, non c'è niente da fare. Sono così. Ci ho speso soldi e anni di terapia per capirlo e, soprattutto, per accettarlo...per accertarmi. Io sono così folle che quasi faccio il giro e divento normale. Io sono questo, lo sono sempre stata. E non posso cambiare, non devo cambiare. Io voglio solo continuare ad essere. E lo so che non sono la donna che molti si aspetterebbero di vedere, la donna di trent'anni con la testa sulle spalle e dei principi e solidi progetti per il futuro. Io non lo so. Non lo sono. Almeno non credo. C'è una parte di me che mi rende talmente incostante da fare quasi paura. Io sono questo...l'esatto opposto della costanza. L'esatto opposto dell'eleganza. L'esatto opposto della raffinatezza. Io non sono timida. Io ho la faccia come un portone e sì, lo so, sono volgare, alla grande, lo so bene di essere volgare. E non crediate che io non me ne renda conto. Lo so. Eppure non posso farci niente. Bevo birra a collo, fumo decine di sigarette. Mi vesto come una zingara e guardo tutti dall'alto verso il basso. La mia peggior consapevolezza e quella di essere nettamente migliore rispetto ad altra gente. Superba...sì, ditelo pure senza avere paura...io sono fottutamente superba. Sicura di me? No quello no...non penso proprio. Ma superba si. E anche vanitosa ogni tanto. Quando sono sola lo sono. Quando mi trovo in mezzo ad altre donne mi sento una delle peggior merde della specie femminile in circolazione. Sono pazza. Sono dannatamente pazza. Non riesco a tenere la mente ferma. Non riesco a non farla lavoro. Vivo di sogni e paranoie mentali. Io sono questo. Un cumulo di difetti che sarebbe più facile farci un falò anzichè cercare di risolverli. Io non ho equilibrio. Né mentale né fisico. E l'ho sempre detto, e non potrei neanche nasconderlo, volendo, perchè si nota che io non ho mai trovato il mio baricentro. Io cammino come una bulletta di terza superiore. E se non mi fosse rimasto almeno quel minimo di buon senso, probabilmente, girerei coi capelli verdi. Io sono una stronza. Una di quelle che se ti prende di mira te ne fa passare di tutti i colori..ma non per cattiveria, mi piace semplicemente fare i dispetti, così, in simpatia, con il sorriso sulle labbra. Ma non mi rendo conto che a volte può risultare fastidioso. Io...io mi perdo. Mi perdo dietro alle nuvole, ai tramonti, mi lascio incantare dal volo di una gazza ladra. Sono capace di mettermi le cuffie nelle orecchie e di isolarmi dal mondo esterno per ore. Io scelgo la solitudine. Finisco sempre per isolarmi. Dopo un po' non sono più in grado di sopportare la gente. Finisce che non la cerco più...e certo loro non si sprecano a cercarmi. Io...io parlo con i gatti, con i cani, coi conigli, coi maiali e con le mucche, e anche con cozze se è necessario. Sono nettamente convinta che gli animali abbiano una sensibilità maggiore rispetto agli esseri umani. E io tifo per loro. Io sono dalla loro parte. E non è facile, lo so, per chi mi sta vicino, so che non lo è. Io non mangio carne. Io non so cucinare. Io mi lascio mangiare dall'ozio e dalla pigrizia e se potessi non mi alzerei mai dal divano se non per andare al lavoro. Io sono onesta. Non nascondo niente di me. Ve lo scrivo qui, nero su bianco, come sono. Sono affettuosa solo quando mi va. Scappo quando non ne posso più. Un gatto. Faccio paura come può fare paura un gatto arrabbiato. Si temono i suoi sbuffi e si ha paura che sfoderi i suoi artigli. Io ho della rabbia dentro. Della rabbia lasciata inesplosa da chissà quanto tempo e chissà perché. E anche se non la vedo, io so che è lì. Cova sotto la cenere come un tumore che non si vede dalle ecografie. Io sono questo. Io sono tutto questo. E se pensate che siano pregi, bè, vi sbagliate. Io vorrei tanto essere diversa, l'ho sempre voluto. Mi sarebbe piaciuto essere una ragazza più fine, più simpatica, più tenera, e anche più romantica, chissà. Invece mi girano le palle per niente, se una persona mi fa un torto istintivamente taglio i ponti e chi si è visto si è visto. Ma la cosa peggiore è che se quella persona si rifà viva, io sono capace anche di perdonare. E questo non è giusto. E questo non va bene. O sono una difetto o sono un pregio. Non posso essere tutto, non ne sono capace, non ne sono in grado. Sono un gatto. Dio santo...sono un gatto. E se non ho le fattezze del gatto, credetemi, è solo perché mi hanno lasciato a disposizione solo questo corpo che non è neanche un granché. Io sono questo. Sono tutto questo. E se cercate di avvicinarmi io non garantisco niente. Non so come potrei prenderla. Potrei fare le fusa, potrei graffiare, potrei fuggire. Io sono un gatto...non sono ammaestrabile...decido io se voglio o non voglio restare. Decido io se voglio o non voglio soffrire. Io sono un gatto...e ne ho preso atto. 

sabato 1 settembre 2012

WE MEET WITH A GOODBYE KISS...

Io conservo. Io trattengo. Non so perchè, ma non ho mai imparato a lasciare andare, a perdere, a dimenticare. E' una cosa che ho dentro da quando sono piccola. Quello che riesco me lo porto dietro. Quello che non riesco me lo scrivo. Io ricordo i volti. Li ricordo tutti. Per quello ho una fottuta memoria fotografica. Ricordo, ricordo, ricordo...e non ci posso fare niente. Così mi ricordo anche di quello che succedeva quando ero una ragazzina, forse ancora una bambina. Era il lontano 1995...esattamente 17 anni fa. 17 anni...mamma mia, come corre in fretta il tempo...17 anni è già una bella fetta di vita. A me questa cosa del tempo, non so perchè, mi mette sempre un po' d'ansia. Quando ci penso, e guardo indietro, mi sembrano passati meno anni...e invece no, ne sono passati 17. Comunque, dicevamo, era il lontano 1995 e in quel periodo, in estate, andavo in campeggio con la parrocchia. Era una forma di socialità, diciamo, poi sono cresciuta e della parrocchia figurarsi se me n'è più fregato un cazzo! Ad ogni modo, in questo campeggio, in luglio del 1995 mi innamorai perdutamente per la seconda volta...oddio, forse anche la terza o la quarta...non ci vuol niente che fosse pure la quinta, ma in quel tempo, di sicuro, mi innamorai. Non ricordo bene come accadde, ricordo solo che una sera, un ragazzo di un altro gruppo, infilò un foglietto sotto la porta della stanza delle ragazze. Si chiamava Dido...e si vestiva da rapper, aveva un cappellino con la visiera girata all'indietro e pantaloni e camicioni larghissimi. Non ho mai capito se si fosse innamorato di me, certo è che io mi ero innamorata di lui. Succedeva così, come succedono le cose quando hai quell'età, la beata età dell'innocenza, dove tutto sembra bellissimo o dove tutto fa malissimo. Ricordo che in quell'unica settimana abbiamo litigato, ci siamo parlati a malapena, ci siamo lanciati sguardi, sorrisi e ci siamo lasciati biglietti sotto le fessure delle porte. Ma lui stava con una certa Sara e non la voleva tradire...appena quindicenne parlava già di tradimenti, per dire. E così, l'ultimo giorno, l'ho raggiunto nel boschetto dietro alla chiesa. Ci siamo seduti su una panchina di sasso e ci siamo salutati. L'ultimo e unico bacio...sulla guancia ovviamente. Poi lui è tornato a casa sua e io a casa mia. Come succede sempre nelle storie estive. E Faenza, allora, mi sembrava così lontana! E il fatto che lui avesse una ragazza era difficilissimo da mandare giù. Tutto tornò nella norma e nella quotidianità, ricominciò la scuola, mi innamorai di nuovo, non so quante volte, probabilmente un centinaio, iniziai le superiori e andavo avanti, crescendo. In quegli anni, di tanto in tanto, ci sentivamo, una telefonata, o da parte mia o da parte sua, giusto per chiederci come stavamo. E in quel tempo, 4 anni credo, io non ho mai smesso di pensarlo. E ci piangevo pure. Quando mi veniva in mente avevo una gran nostalgia e mi facevo dei gran pianti. Tanto che mia mamma, una domenica, mi ha caricata in macchina e mi ha portata a Faenza, proprio sotto casa sua, per andarlo a salutare...ma lui non c'era. Sono tornata a casa con un gran sconforto. Era il 1997...due anni dopo. Un trigliardo di amori in mezzo. E lui era ancora lì, nella mia testa. 1999, la mattina del 31 dicembre, mi chiama e mi dice che è in giro in moto dalle mie parti e mi viene a trovare. Ci vediamo davanti ad un bar vicino a casa mia, ci facciamo 10 minuti di chiacchiere e poi se ne va. Solo anni dopo scoprirò che quel giorno lui non doveva venire dalle mie parti, ma veniva dalle mie parti per vedere me. Che robe!
2001, con un sms mi dice che è diventato babbo. Io ormai ho dimenticato, ho lasciato andare, ho archiviato tutto. Altri amori e altri problemi hanno preso il suo posto, altri volti, altri baci, altro tutto. Gli dico che sono contenta per lui, cosa che è vera, e basta. Si chiude lì, perchè è giusto così, perchè non c'è davvero più niente da dire e forse non c'è mai stato niente. 
2011...facebook....facile digitare il suo nome e cognome, solo per curiosità, per vedere se è ancora uguale ad allora, se è invecchiato, se si è sposato, se suo figlio gli somiglia. E mi aggiunge ai suoi amici. Certa che abbia capito chi io sia, non gli ho mai detto chi ero e non ne abbiamo mai parlato. Ci si scriveva due commenti ogni tanto, così, en passant, perchè tanto non c'era da dire più niente. Qualche giorno fa, forse curioso o forse preoccupato di vedermi devastata sulla mia bacheca, inizia a scrivermi a chiedermi come sto. Finché non gli chiedo se ha capito chi sono io. Ci riflette un po', ci deve riflettere molto perché evidentemente io conservo tutto ma gli altri no...poi capisce. E mi dice che spesso è vicino a casa mia sulle piste da riders. Così oggi, ci siamo rivisti. Solo 17 anni fa, se me lo avessero detto, anche solo per farmi smettere di piangere, non ci avrei creduto. Oggi mi incammino per la stradina di ghiaia che porta al campo di montagnole di terra con una tranquillità e una pacatezza che mi stupisco di me stessa. Lui salta, la sua bici fa evoluzioni, e capisco da lontano che è lui. E' sempre lo stesso, sempre uguale, forse un capello bianco, forse più magro e pallido. Forse ha le occhiaie. Ma i suoi occhi sono sempre dello stesso azzurro di 17 anni fa. Non è l'emozione fortissima che avrei provato allora. Mi sento come se non avessimo mai smesso di incontrarci, anche per caso, in giro per strada. Eppure non ci conosciamo per niente. Gli anni, il tempo, l'esperienza, i dolori che ci hanno accompagnato a diventare da quei ragazzini che eravamo a degli adulti, ci hanno totalmente riformato il carattere. Io non so niente di lui. Lui non sa niente di me. Eppure mi raccoglie le giuggiole mela salendo su una scala e rischiando di rompersi il collo. Ridiamo. Forse ci sentiamo entrambi come se fossimo davvero tornati ad avere 13 e 15 anni. Forse per un momento abbiamo messo da parte tutto il marcio che abbiamo assorbito con il passare delle stagioni e ci siamo liberati dai noi di oggi per tornare, anche solo per poco, ai noi di ieri. Piccoli esserini che del mondo non sapevano ancora niente, che vivevano di sogni e illusioni, utopisti e irragionevoli. Le responsabilità fuori dalla porta, lo zaino pieno solo di panini, diari e fantasia. E i bigliettini che avevo riesumato per l'occasione ci hanno fatto ricordare tutto. E forse ci hanno lasciato un po' di amarezza. Si, ce l'hanno lasciata. La consapevolezza che si cresce, si va avanti, e lasciamo per strada pezzi di noi come fossero sassolini o molliche di pane. Basta solo un attimo per tornare indietro e riuscire a seguire la strada da dove eravamo partiti. 
ps: grazie per quelle due ore...non avevo mai visto dal vivo dei riders ed è molto emozionante. Prima o poi tornerò a vedervi.