La mia bandiera dell'Italia sventola adagio, al ritmo lento della brezza novembrina. La piazza non è deserta, ma qualche bambino urla e schiamazza, tira qualche petardo e si rincorre. Loro non sanno, forse solo un giorno sapranno, che questa è una sera bella, di quelle che proprio uno si deve vivere. Un giorno, quando parleranno ai loro nipoti, potranno dire che quando l'Italia è stata liberata per la seconda volta, loro c'erano. Io c'ero. Certo, non è la libertà vera, ancora no, non lo è. Ma è un segnale, la fine di un'epoca che è durata per troppo tempo. La fine di chi, per diciassette fottutissimi anni, ha fatto di tutto per salvarsi il culo, ha soppresso, oppresso, infinocchiato, umiliato, messo in ginocchio ( e qui potrebbero esserci almeno un paio di doppi sensi) milioni di persone. La feccia, a capo chino, se ne va. Con la coda tra le gambe. Evita la folla. Teme la rivolta. Teme di essere invaso dalle monetine...non ti preoccupare, faccia di merda, la gente di monetine da sprecare non ne ha più e la colpa è anche tu! Via, fuori, tolto dai maroni! Domani è un nuovo giorno. Un giorno di speranza, se non proprio proprio di vera libertà. Ma domani sarà un giorno di aria nuova, di dita incrociate e di coscienza che peggio di così non può andare! Da lontano sento suoni di clacson, i bambini continuano a giocare ignari, la serata non è poi così fredda come ci si possa aspettare da un giorno di novembre...il 12 novembre. Non ce lo dimentichiamo. Ricordiamolo. Il giorno in cui ci siamo ripresi, in barba a lui e a tutta la sua cricca, la nostra dignità!